L’impatto della tecnologia 5G nel 2024

Negli ultimi anni, la tecnologia 5G ha trasformato radicalmente il panorama tecnologico, offrendo connettività più veloce e affidabile rispetto alle generazioni precedenti. Nel 2024, l’implementazione su larga scala della rete 5G sta rivoluzionando settori cruciali, dall’Internet delle cose (IoT) alla salute e all’industria.

Dalle smart city alla salute

Uno degli aspetti più significativi è la trasformazione dell’IoT. La connettività 5G offre una latenza ridotta e una maggiore larghezza di banda, consentendo la comunicazione istantanea tra dispositivi. Questo ha reso possibile lo sviluppo di smart cities, in cui dispositivi come semafori, sensori ambientali e veicoli comunicano in tempo reale per ottimizzare il traffico e migliorare l’efficienza energetica.

Nel settore della salute, la tecnologia 5G ha aperto nuove opportunità per la telemedicina. La trasmissione di dati ad alta velocità consente consulenze mediche virtuali più fluide e interventi chirurgici remoti più precisi. Questa innovazione è particolarmente cruciale in situazioni di emergenza, dove la connessione veloce può fare la differenza tra la vita e la morte.

I vantaggi nel settore industriale

L’industria manifatturiera sta anch’essa beneficiando della rete 5G. La comunicazione ultraveloce supporta l’implementazione di tecnologie avanzate come la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR) nell’ambito della formazione e della manutenzione industriale.

Questa implementazione consente un apprendimento più efficace e una manutenzione predittiva, riducendo i tempi di fermo e aumentando l’efficienza produttiva.

La questione della privacy

Nonostante i numerosi vantaggi, la diffusione della tecnologia 5G solleva anche preoccupazioni riguardo alla sicurezza e alla privacy. La crescente interconnessione dei dispositivi e la vasta quantità di dati trasferiti richiedono un attento monitoraggio e protocolli di sicurezza avanzati per proteggere le informazioni sensibili.

In conclusione, la tecnologia 5G ha già dimostrato di essere un catalizzatore per l’innovazione in vari settori nel 2024. Con il suo impatto trasformativo sulla connettività e sulla comunicazione, questa tecnologia continua a modellare il futuro, aprendo la strada a nuove possibilità e sfide che richiedono una gestione attenta e responsabile.

Quali sono le 12 professioni del futuro?

Quali sono le 12 professioni del futuro, sulla base della rivoluzione tecnologica in corso? I profili dei lavoratori di domani sono state identificate nella ricerca “Stranger Skills” condotta da PHD Media, agenzia media, comunicazione e marketing di Omnicom Media Group.
I risultati del sondaggio coinvolgono marketer, HR & Head Hunter e futuri professionisti del settore, offrendo uno sguardo sulle potenziali evoluzioni nel mondo del lavoro.

Machine Learning Creative Producer e Creator Collaborator

Tra le professioni emergenti, si evidenziano il “Machine Learning Creative Producer” e il “Creator Collaborator”. Il primo si occupa di sviluppare creatività in modo rapido e automatico attraverso innovativi software, riducendo i tempi di produzione e migliorando le performance con il tocco umano del MLCP.
Il secondo, “Creator Collaborator”, lavora con creator e influencer per promuovere il brand, utilizzando avanzate tecnologie di comunicazione ed e-commerce.

Ci sono anche il Conversational AI Developer e il Game Commerce Expert

Altri ruoli chiave includono il “Conversational AI Developer”, che crea comunicazioni interattive utilizzando diverse tecnologie, consentendo agli utenti di interagire direttamente con personaggi pubblicitari.
Nel settore del commercio elettronico, spiccano le figure del “Game Commerce Expert” e del “Video Commerce Specialist”, che si occupano rispettivamente di sviluppare nuove forme di e-commerce nelle piattaforme di gioco online e di integrare strategie di acquisto all’interno di ambienti video.

La rivoluzione nelle HR…

La tecnologia avrà un impatto significativo anche nella gestione delle risorse umane e dell’interoperabilità delle tecnologie. Saranno richieste figure come il “Diversity, Equity & Inclusion Manager”, responsabile della promozione della diversità e dell’inclusione all’interno delle organizzazioni, e il “Technology Orchestration Professional”, con competenze tecniche per collegare attività diverse e facilitare la collaborazione tra team.

… e nella sostenibilità

La ricerca sottolinea inoltre l’importanza delle professioni legate alla sostenibilità, come il “Sustainability Manager”, incaricato di monitorare gli impatti ambientali e sociali delle aziende, sviluppando strategie sostenibili per ridurre gli effetti negativi e promuovere l’etica aziendale. Infine, il “Decision Science Algorithm Trainer” sarà coinvolto nell’addestramento di algoritmi per prendere decisioni di marketing, assegnando punteggi dinamici agli utenti in base alla loro propensione all’acquisto.

Lo studio sottolinea la necessità di adattarsi a nuove competenze e abitudini, affrontando i cambiamenti epocali nel mercato del lavoro attraverso un approccio che integri creatività, tecnologia e umanesimo. In questo scenario così dinamico, la formazione continua è vista come un pilastro fondamentale per mantenere la rilevanza e la competitività.

Commercio: nel 2023 aperte solo 20mila nuove attività commerciali

Una crisi che ha falcidiato il tessuto commerciale italiano, e che senza un’inversione di tendenza è destinata a continuare.
Carovita, rallentamento dei consumi, concorrenza della grande distribuzione e del web non accelerano solo le chiusure di imprese nel commercio, ma fanno crollare anche le ‘nuove nascite’.
Oggi aprire un negozio è una missione sempre più impossibile.

Per il 2023 l’Osservatorio Confesercenti, sulla base di elaborazioni dei dati camerali, stima che abbiano tirato su la saracinesca per la prima volta poco più di 20mila attività, l’8% in meno del 2022. È il numero più basso degli ultimi dieci anni: nel 2013 erano state oltre 44mila, più del doppio. E nel 2030 saranno circa 11mila.

Un crollo generalizzato

Il ‘crollo delle nascite’ riguarda quasi tutte le tipologie di commercio in sede fissa, con cali particolarmente rilevanti per i negozi di articoli da regalo e per fumatori (-91%, -1.293 nuove aperture vs 2013), gestori carburanti (-80%, -441), edicole e punti vendita di giornali, riviste e periodici (-79%, -625), ma anche negozi di tessile, abbigliamento e calzature, che nel 2023 dovrebbero registrare solo 2.167 iscrizioni di nuove attività (-3.349).

Con la progressiva riduzione della rete di negozi, anche gli intermediari del commercio perdono pezzi. Per il 2023 si prevedono solo 9.306 nuove iscrizioni, quasi la metà delle 18.149 del 2013.
Tra le attività del commercio, le nuove imprese aumentano solo nel commercio via internet, che vede esplodere le iscrizioni rispetto a dieci anni fa (6.427 quest’anno, +188%), comunque insufficienti a compensare il calo di natalità complessiva del settore (-23.320). 

Il caso commercio ambulante

Aperture in caduta libera anche per il commercio su aree pubbliche, che quest’anno dovrebbe registrare solo 3.626 nuove imprese, -9.377 rispetto al 2013.
Quello del commercio ambulante è un caso particolare. Se la situazione dei mercati appare compromessa da dieci anni di incertezza, ora il comparto ha frenato gli investimenti, causando la chiusura di migliaia di imprese e il depotenziamento dell’offerta.

Il crollo di aperture del 2023 è il culmine di una tendenza discendente: nel 2022 le nuove imprese erano solo 4.008 e 6.009 nel 2021, numeri lontanissimi dai livelli del 2013 (13.003) e dei primi anni del decennio passato. Se il trend degli ultimi due anni si mantenesse inalterato, nel 2025 non ci sarebbero più nuove iscrizioni.

Denatalità e territori

Nessuna regione sfugge alla riduzione di nuove imprese del commercio, con livelli di aperture ovunque inferiori rispetto al 2022, soprattutto nel Lazio e Sardegna (-11%), Campania e Sicilia (-10%).
Nel confronto decennale la denatalità peggiore è registrata dal Piemonte (-70% vs 2013, -3.201 aperture), seguito da Sardegna (-67%, -852), Lazio (-62%, -2.784), Sicilia (-61%, -2.360).

Considerando il numero assoluto delle nuove aperture, sempre rispetto al 2013, è la Campania a registrare il calo più consistente (-4.421), seguita da Piemonte (-3.201), Lazio (-2.784), Sicilia (-2.360), Lombardia e Veneto (rispettivamente -2.325 e -2.088).

“Milano Produttiva” guida l’economia nel 2022 

Nonostante il clima di incertezza geopolitica ed economica legata alle conseguenze della pandemia, lo scoppio del conflitto russo-ucraino e la recente crisi energetica, la macro area di Milano, Monza Brianza e Lodi continua a registrare risultati positivi. Secondo il Rapporto annuale ‘Milano Produttiva’, realizzato dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, nel 2022 l’economia delle tre province lombarde cresce del 4,7%, guidata da Milano (+5%), seguita da Lodi (+3,8%) e Monza Brianza (+2,9%). Decisiva è la spinta data dai comparti delle costruzioni (+9,1%) e dei servizi (+5,4%), che hanno contribuito a far registrare al territorio un surplus di 11 miliardi di euro rispetto alla situazione pre-pandemica.

Il tessuto imprenditoriale resiste alle incertezze

Grazie al contributo determinante di Milano (+8.126), il saldo tra nuove iscrizioni (30.630) e cancellazioni (21.618) nel 2022 è di 9.012 imprese in più, +1,9%. Un trend migliore di quello nazionale (+0,8%) e lombardo (+1,2%) che si traduce in quasi 390mila imprese operanti sui tre territori.
“L’economia dei nostri territori è in buona salute nonostante le tensioni dovute all’aumento dell’inflazione, al rialzo dei tassi e alla guerra in Ucraina – dichiara Carlo Sangalli, Presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi -. In particolare sono in aumento le start up innovative, che si stanno dimostrando molto resistenti alle crisi e alle tensioni degli ultimi anni”.

Cresce l’occupazione nella città metropolitana

Nel 2022 nella città metropolitana di Milano il tasso di occupazione si attesta al 70,1%, grazie ai circa 34mila posti di lavoro in più, e la disoccupazione diminuisce al 5,4%.
Complessivamente, nel territorio meneghino, gli occupati sono 1milione e 486mila, in crescita del +2,3%. Ma nonostante la crescita registrata nell’ultimo anno, nella provincia di Milano non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemici. E se sono aumentate le donne occupate permane un divario di genere, poiché il tasso di occupazione femminile è inferiore dell’11,6% rispetto a quello maschile.
Resta inoltre elevato il tasso di disoccupazione giovanile (15-34 anni), che raggiunge quota 9,2%, valore, comunque, inferiore al dato nazionale (14,4%).

L’attrattività di Milano per il capitale umano qualificato

Milano continua a risultare attrattiva per il capitale umano qualificato, come dimostra la crescita del numero di giovani laureati provenienti dall’estero che si è mantenuta costante negli ultimi cinque anni.
Ciò si riflette sul sistema produttivo, grazie all’aumento delle start up innovative a guida giovanile e straniera, e delle start up internazionali che hanno stabilito a Milano una seconda sede.
In termini di attrattività turistica, dalla diffusione della pandemia la città si è riscoperta hub di un turismo di prossimità e domestico, a favore dell’intera area metropolitana. Questo, grazie alle nuove tendenze, come l’holiday working e il turismo sostenibile outdoor. Il volto turistico di Milano che porta alla città 6,7 milioni di persone, solo il 10% in meno dei numeri registrati prima della pandemia nel 2019.

Spesa digitale dei professionisti: tocca i 1,765 miliardi di euro nel 2022

Nel 2022, avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro italiani hanno investito complessivamente 1,765 miliardi di euro in tecnologie digitali, una cifra in linea con il 2021 (+0,4%). Tuttavia, la crisi energetica e quella delle supply chain degli ultimi anni hanno avuto impatti finanziari sull’ecosistema professionale, stabilizzando gli investimenti. Ma per il 2023, le previsioni sono più ottimistiche: la spesa digitale dovrebbe crescere del 7%, raggiungendo un valore stimato di poco meno di 1,9 miliardi di euro.

Gli studi multidsciplinari investono più delle altre categorie

Le spese in tecnologia variano notevolmente nel mondo degli studi professionali. Le organizzazioni multidisciplinari continuano a investire mediamente più delle altre categorie, con una spesa media di 25.060 euro, mentre i consulenti del lavoro spendono in media 11.950 euro, i commercialisti 11.390 euro e gli avvocati 8.890 euro. Il 41% degli studi multidisciplinari investe più di 10.000 euro, mentre solo l’11% degli avvocati raggiunge questa cifra. Quasi il 70% degli studi legali investe al massimo 3.000 euro all’anno in tecnologie. Inoltre, la categoria legale risulta essere la più colpita in termini di redditività, con solo il 57% degli studi in positivo nel biennio 2021-2022, a differenza delle altre discipline che superano il 70%.
Questo contesto genera pessimismo per il futuro della professione: negli studi monodisciplinari, gli ottimisti sono una minoranza (38% degli avvocati, 41% dei commercialisti e 45% dei consulenti del lavoro), mentre negli studi multidisciplinari il 59% è ottimista. 

Il digitale può essere un pericolo?

Il principale pericolo per il futuro, secondo i professionisti, è rappresentato dalle diverse piattaforme digitali, alcune delle quali ricorrono anche all’intelligenza artificiale, e potrebbero erogare servizi sostituendo le attività più standardizzate. Il secondo futuro pericolo per i professionisti è non riuscire ad assumere personale per supportare il percorso di crescita dello studio, mentre il terzo è non riuscire a realizzare il passaggio generazionale. Tutte le professioni rivelano difficoltà nel reclutare e trattenere giovani talenti, principalmente a causa della bassa retribuzione, della mancanza di percorsi di carriera strutturati e dello scarso bilanciamento tra lavoro e vita privata. Questi risultati emergono dalla ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Studi professionali, una nuova visione digitale per attrarre i giovani e far evolvere i clienti”.

Serve una nuova visione nei confronti del digitale

Gli esperti sottolineano che è necessaria una nuova visione nei confronti del digitale, affinché gli studi professionali possano introdurre nuovi paradigmi gestionali e supportare i processi decisionali con strumenti e informazioni per generare nuove visioni. Il digitale può essere una leva importante, ma è fondamentale anche lavorare internamente su questi temi per attirare nuovi talenti e svilupparsi ulteriormente.
Per quanto riguarda il patrimonio informatico, la fatturazione elettronica e le videochiamate sono utilizzate da oltre l’80% di tutti gli studi. Altri strumenti come le reti VPN e le piattaforme di eLearning hanno adesione più alta tra i consulenti del lavoro e gli studi multidisciplinari. Tuttavia, in generale, l’aggiornamento tecnologico avviene ancora a tassi contenuti, e le tecnologie di frontiera come l’intelligenza artificiale e la blockchain sono adottate solo da poche realtà lungimiranti.

Connected Car & Mobility, in Italia il comparto vale 2,5 miliardi di euro

In Italia il settore delle auto connesse e della mobilità smart continua a crescere. Nel 2022, il mercato della Connected Car & Mobility ha raggiunto un valore di 2,5 miliardi di euro, registrando un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. E tutto ciò nonostante le problematiche legate alla carenza di semiconduttori, alle materie prime e all’instabilità economica e politica mondiale. Simili performance si devono principalmente alle soluzioni per l’auto connessa, del valore di 1,4 miliardi di euro (+10% in un anno), dai sistemi ADAS integrati nei nuovi modelli per un valore di 740 milioni di euro (+16%), e dalle soluzioni Smart Mobility per la gestione dei parcheggi e la sharing mobility, del valore di 340 milioni di euro (+48%). La diffusione delle auto connesse ha raggiunto quota 19,7 milioni a fine 2022, corrispondenti a circa il 50% del parco circolante e a 1 ogni 3 abitanti.

Prove di smart road

Le prime sperimentazioni di smart road stanno iniziando ad emergere, con 190 progetti identificati a livello mondiale a partire dal 2015. Nel solo anno 2022, sono stati attivati ben 63 progetti, registrando un aumento del 43% rispetto al 2021. In Italia, sono state avviate 15 iniziative nel biennio 2021-2022. Questi progetti mirano a migliorare la sicurezza stradale, il comfort di guida, l’ottimizzazione dei flussi di traffico, la riduzione dell’inquinamento e la manutenzione delle infrastrutture stradali.

La rivoluzione nel mondo dell’auto e della connettività

Secondo l’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano, ci sono profondi cambiamenti in corso nel settore dell’auto e della mobilità. Le sfide e le opportunità derivanti da questi cambiamenti richiedono un’evoluzione tecnologica che consenta alle aziende di rimanere competitive e di sfruttare nuove opportunità di crescita. Tuttavia, ci sono ancora ostacoli da superare per sfruttare appieno il potenziale dei dati raccolti da veicoli e infrastrutture, come la standardizzazione dei dati e la gestione della privacy e della cybersecurity.

I box GPS/GPRS  le soluzioni più diffuse

Le soluzioni più diffuse nel settore sono i box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative, seguiti dalle auto nativamente connesse tramite SIM. Le soluzioni per l’auto smart stanno maturando sempre di più, con un aumento del 20% dei servizi offerti rispetto al 2021. Le nuove normative, come l’obbligo di integrare specifici ADAS in tutte le nuove vetture immatricolate a partire dal 2024 e l’immatricolazione di veicoli a emissioni zero dal 2035, stimoleranno ulteriormente la crescita del settore delle auto connesse e della mobilità smart. La connettività svolgerà un ruolo importante nella gestione dei veicoli elettrici e nello scambio di informazioni tra auto e infrastruttura.

Pasqua 2023: oltre 1,5 milioni a tavola negli agriturismi

La Pasqua in agriturismo ‘a tavola’ si conferma il binomio perfetto. Tra il pranzo di Pasqua e Pasquetta nel 2023 oltre 1,5 milioni di persone hanno scelto un agriturismo, spendendo mediamente 40-50 euro per un menu à la carte o fisso. Si è trattato, per lo più, di famiglie con bambini e comitive, buona parte di quei 12 milioni di italiani in viaggio per il week-end pasquale. Insomma, per le festività si stima un vero e proprio pienone, e un’autentica boccata d’ossigeno rispetto all’impennata dei costi di produzione e all’effetto del cambiamento climatico sui campi. A confermarlo sono la Cia, agricoltori italiani e Turismo Verde, l’associazione di Cia per la promozione agrituristica.

Tutto esaurito nelle 25.400 strutture agrituristiche italiane

Si registra quindi il tutto esaurito nelle 25.400 strutture agrituristiche diffuse in tutta Italia, che hanno beneficiato dell’arrivo di tanti connazionali. Soprattutto di quelli che hanno scelto di passare il week-end di Pasqua in montagna (17,6%), ma anche nel segno del relax (64,8%) o facendo trekking e gite (51,4%), senza però rinunciare a momenti gastronomici (10,6%). Cia e la sua associazione per la promozione agrituristica registrano inoltre il tutto esaurito anche nelle strutture con camere per soggiorni di almeno due giorni, soprattutto da parte di turisti stranieri. Con Pasqua e Lunedì dell’Angelo, nelle aziende agricole con cucina e possibilità di soggiorno il turismo è quindi pronto a segnare un +20%.

Stare all’aria aperta alla ricerca del buon cibo

Secondo l’analisi effettuata da Coldiretti/Ixèono sono oltre mezzo milione le persone che hanno scelto di alloggiare negli agriturismi nel weekend di Pasqua.  A spingere gli italiani a scegliere queste strutture è la voglia di stare all’aria aperta alla ricerca del buon cibo, con la possibilità di protezione in caso di maltempo. Delle prenotazioni in agriturismo, specie al nord Italia, almeno il 10% è da parte degli stranieri, in particolare americani, tedeschi e svizzeri, ma tornano negli agriturismi italiani anche da Belgio, Germania, Norvegia e Svezia. Si percepisce, riporta Adnkronos, il ritmo delle festività pre-Covid, ma con meno confusione e sprechi.

Affrontare la crisi economica senza intaccare l’identità delle aziende agricole

“Un tripudio di cultura enogastronomica italiana come solo le piccole comunità, in montagna e in collina, dove tra l’altro si trovano l’84% degli agriturismi italiani, sanno raccontare e portare a tavola – commenta il presidente nazionale di Turismo Verde Cia, Mario Grillo -. Insieme alla promozione autentica di una ruralità lenta e sostenibile questo è il valore che dobbiamo difendere con determinazione, affrontando la crisi economica senza intaccare l’identità delle aziende agricole multifunzionali. Abbiamo dimezzato i coperti pur di non far pagare ai nostri ospiti il peso del caro-bollette. Siamo ottimisti, da nord a sud le nostre strutture stanno andando verso il tutto esaurito anche per il ponte del 25 Aprile e 1° Maggio”.

Employer branding: solo un’azienda su tre oggi propone lo smartworking

Oggi lo smartworking viene proposto ‘solo’ da un’azienda su tre. Per le aziende l’organizzazione aziendale è una priorità, ma se il lavoratore è interessato a forme di lavoro agile tra le offerte dei manager ai nuovi lavoratori, la garanzia del posto fisso e la reputazione superano smartworking e inclusività. Gli hr manager sottolineano poi di offrire sicurezza dei luoghi di lavoro (78%), oltra alla cultura e al modello organizzativo adottato (65%). Quanto a vantaggi contrattuali e incentivi economici, per le aziende prevalgono tre aspetti chiave: stabilità del rapporto (100%), solidità economica e finanziaria dell’impresa (97%), e basso turn over (82%). Sono i risultati della ricerca dell’ufficio studi di Fòrema, ente di Assindustria Venetocentro, sull’employer branding di 160 aziende venete, soprattutto del settore metalmeccanico.

Piacevolezza del luogo di lavoro e innovazione

Agli ultimi posti, invece, la distribuzione di utili ai collaboratori (9%), la concessione di ferie o permessi aggiuntivi rispetto al CCNL (26%) e l’utilizzo estensivo di forme di lavoro agile (33%). Sul tema degli ambienti messi a disposizione dall’azienda, il panel mette al primo posto (96%) la piacevolezza del luogo di lavoro, seguito dall’innovatività degli strumenti e delle tecnologie utilizzate (85%), dall’accessibilità della sede (74%), e dagli spazi condivisi (22%). La cultura aziendale si focalizza invece sul valore dell’esperienza offerta in termini di competenze e appetibilità (85%), sulla trasparenza della comunicazione interna (81%), e sull’accesso a percorsi formativi e meritocrazia (76%).

Rapporto con il territorio e capitale reputazionale

Al contrario, interessa relativamente poco la strutturazione di gruppi di lavoro interni (33%) e la realizzazione di piani per l’inclusione sociale (41%). Il rapporto con il territorio poi è decisivo, e il capitale reputazionale che il dipendente ottiene lavorando per una società è fondamentale. Si registra una forte polarizzazione sul capitale reputazionale dell’azienda (89%) e dei collaboratori (63%), seguite dalle azioni concrete per la tutela dell’ambiente (62%). Meno rilevanti le attività rivolte direttamente alla cittadinanza (35%) e al sociale (48%). Il 41% delle aziende intervistate afferma poi di non avvertire in misura preoccupante processi di dimissioni legati al turn over. Solo il 15% registra numeri in ascesa.

L’offboarding è “informale”

Per attirare collaboratori le aziende utilizzano un mix di leve. Sono rari i casi di azioni e benefici concreti messi in campo valutati come inutili o non percorribili. Sul tema della comunicazione del valore, i tirocini sono il canale principale per far conoscere l’azienda e incontrare potenziali collaboratori. Ma in generale le aziende comunicano il valore in maniera informale (passaparola dei dipendenti) e tradizionale (sito aziendale, spesso Linkedin) e in autonomia (fatte salve le ricerche specifiche di personale). Per quanto riguarda la fase di licenziamento (offboarding), la maggioranza delle aziende si occupa dell’uscita dei collaboratori in maniera informale.

Marketing: come cambiano le competenze richieste

Lo scenario del mercato del lavoro è cambiato radicalmente, e alla luce di un clima di incertezza globale, tra inflazione, possibile recessione e licenziamenti, le persone sono sempre meno fiduciose nel futuro. LinkedIn ha pubblicato la ricerca Skills Evolution che evidenzia come sono cambiate le competenze dei professionisti del marketing a livello globale dal 2015 a oggi e quali sono le capacità necessarie per la carriera. Digital Marketing, Social Media Marketing e Search Engine Optimisation ora sono le principali capacità richieste ai professionisti del marketing.
Nel complesso, secondo l’analisi di LinkedIn, in Italia dal 2015 le competenze in ambito marketing sono cambiate in media del 50%, e nella maggior parte dei casi il ritmo del cambiamento è stato accelerato durante la pandemia.

“Una crescente domanda di marketer moderni e pieni di risorse” 

“Con l’incertezza economica che incombe, i marketer hanno l’opportunità di dimostrare alle aziende di possedere le skill necessarie per affrontare condizioni potenzialmente difficili – commenta Tom Pepper, Senior Director, Emea & Latam, LinkedIn Marketing Solutions -. Poiché le aziende cercano di fare di più con meno, i nostri dati indicano una crescente domanda di ‘marketer moderni e pieni di risorse’: professionisti del marketing con un set di competenze specifiche che possono combinare creatività ed efficacia in aree chiave come il marketing digitale – aggiunge Latam -. È importante che i marketer continuino a sviluppare il loro set di competenze in modo da rimanere agili e supportare le aziende ad adattarsi nei mesi a venire”.

Skills Evolution per una carriera a prova di futuro

Per chi cerca un impiego, questo significa che essere in grado di adattarsi e mettere in luce le skill richieste dai datori di lavoro oggi è più importante che mai. La buona notizia è che grazie a LinkedIn è possibile identificare le competenze che aiutano a rendere le carriere a prova di futuro e avvalersi di risorse e strumenti per supportare questo processo. Obiettivo finale della Skills Evolution è proprio quello di restituire un po’ di ottimismo rispetto al futuro, e ritrovare la fiducia per andare avanti nelle proprie carriere.

Le 10 principali skill di marketing a livello globale dal 2015 a oggi

Dai dati di LinkedIn emergono le 10 principali competenze di marketing presenti nei profili degli utenti della piattaforma nel 2015, e mostrano l’effettivo cambiamento avvenuto nel corso degli anni.
Si tratta di Business Planning, Marketing Strategy, Business Strategy , Sales Management, Public Relations, Negotiation, Marketing, Social Media, Sales, Social Media Marketing. Nel 2021, le 10 principali competenze di marketing sono invece Sales Management, Marketing Strategy, Sales, Marketing, Problem Solving, Commerce, Strategy, Business Development, Business Strategy, e Business Planning. Per supportare l’apprendimento delle skill più richieste, LinkedIn rende disponibili i corsi di LinkedIn Learning relativi a tali competenze, accessibili gratuitamente fino al 30 settembre 2022.

Mercato del lavoro: nel post-Covid c’è più scelta per i candidati

Qual è la principale differenza nel mondo della ricerca e della selezione del personale nel post Covid rispetto a prima della pandemia? Se fino al 2020 il mercato del lavoro italiano era esplicitamente client driven, ovvero erano le aziende ad assumere il ruolo di potere nel processo di selezione del personale, oggi il mercato è diverso, ed è più vicino all’essere candidate driven. 
“Si potrebbe essere portati a pensare che il mercato del lavoro sia stato trasformato soprattutto dall’avvento su larga scala del lavoro agile, introdotto come sappiamo in forma emergenziale a partire dal marzo 2020 – spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati -. In realtà, però, dal punto di vista dei recruiter e dei cacciatori di teste quello è solo uno dei fattori da prendere in considerazione”.

“Oggi la domanda di talenti sovrasta l’effettiva offerta”

“Oggi la domanda di talenti sovrasta l’effettiva offerta in tanti settori differenti – prosegue Adami -. Se prima del Covid chi si occupava di head hunting sapeva molto bene quali erano i settori e i ruoli che si scontravano con un effettivo gap di competenze, oggi questo problema è molto diffuso, per motivi spesso diversi. Molto semplicemente – aggiunge l’head hunter – oggi i talenti possono contare su maggiori possibilità, su un ventaglio di offerte che fino al 2020 era appannaggio di pochissimi. Per un selezionatore oggigiorno non è affatto raro trovarsi a fare un colloquio di lavoro con persone che, nello stesso periodo, sono in corsa per un altro o per più ruoli in altre realtà”.

Ripartenza e Grandi dimissioni alla base di un nuovo scenario

“I fattori che hanno portato a questo nuovo e per tanti versi inedito scenario sono diversi – risponde l’head hunter -. Bisogna senz’altro tenere in considerazione la ripartenza dopo il Covid-19, e quindi la fisiologica crescita della domanda da parte di molte realtà. Un altro fattore da tenere in considerazione è poi quello delle cosiddette ‘Grandi dimissioni’, ovvero dell’aumento delle dimissioni volontarie che ha avuto luogo a partire dal 2021. Questo fenomeno si traduce infatti in un aumento della mobilità sul mercato del lavoro, con un incremento delle possibilità di carriera per i professionisti più audaci”.

Un mercato favorevole per chi è alla ricerca di nuove sfide

“Indubbiamente – sottolinea Adami -, in questo frangente il mercato si presenta in modo favorevole a chi è alla ricerca di nuove sfide e di nuove possibilità: tutto sta, come ricordano sempre i nostri career coach, nello stabilire un piano abbastanza preciso di sviluppo professionale, in base alle proprie esigenze effettive e ai propri obiettivi, senza farsi trascinare dagli eventi. In questo momento storico il dipendente alla ricerca di nuove opportunità ha maggiore scelta, grazie alla mobilità del mercato nonché alla flessibilità maggiore concessa delle aziende: può essere quindi un ottimo periodo per prendere davvero in mano le redini della propria vita professionale”.