Privacy: anche Meta decide di “scollegare” le informazioni tra le piattaforme

A dare notizia è la società di Zuckerberg sul suo blog: anche Meta dopo Google apporta modifiche relative alla privacy dei dati degli utenti per conformarsi all’imminente entrata in vigore del Digital Market Acts della UE. Insomma, un altro big della tecnologia intende conformarsi al Dma.

Il nuovo regolamento europeo sui mercati digitali entrerà in vigore a marzo 2024, e punta a combattere le pratiche di mercato sleali e le distorsioni della concorrenza da parte delle Big Tech,
Di fatto, agli utenti di Instagram e Facebook europei verrà offerta la possibilità di scegliere se condividere o meno le proprie informazioni tra i due servizi.

“Promuovere l’equità nei mercati digitali”

“Il Dma cerca di promuovere la contendibilità e l’equità nei mercati digitali, un’ambizione supportata da Meta. Ci impegniamo a continuare a lavorare per garantire che i prodotti Meta nella UE siano conformi al Dma e offrano valore alle persone – scrive Tim Lamb, direttore della concorrenza e della regolamentazione di Meta -: abbiamo riunito un ampio team interfunzionale composto da dipendenti senior provenienti da tutto il mondo e da tutta la nostra famiglia di app”.

Nelle prossime settimane, gli utenti riceveranno notifiche che li informeranno del cambiamento.
Questi cambiamenti verranno applicati nell’Unione Europea, allo Spazio Economico Europeo e alla Svizzera.

Utilizzare Messenger senza richiedere un account Facebook.

Gli utenti di queste aree potranno utilizzare vari servizi Meta senza che le loro informazioni siano interconnesse. Ad esempio, le persone possono utilizzare Facebook Messenger in modo indipendente senza richiedere un account Facebook.

Meta ha aggiunto che gli utenti di Instagram e Facebook che hanno collegato entrambi gli account possono scegliere di gestirli separatamente e non condividere più le informazioni tra i due account.
Gli utenti possono anche scegliere se condividere le informazioni tra i propri account Facebook e i servizi di Gaming e Marketplace della piattaforma, riporta Ansa.

“Offrire alle persone la possibilità di scegliere quali informazioni condividere”

Ci sarà anche la possibilità di utilizzare Instagram e Facebook gratuitamente con annunci pubblicitari, o di iscriversi per non vedere più annunci pubblicitari.

“Se le persone si iscrivono per non vedere più gli annunci, le loro informazioni non verranno utilizzate per gli annunci. Questa scelta è stata lanciata nel novembre 2023 – aggiunge Lamb -. Al di là di queste nuove scelte, tutti coloro che utilizzano i servizi Facebook e Instagram continueranno a beneficiare dell’ampia gamma di strumenti esistenti che abbiamo creato per offrire alle persone la possibilità di scegliere quali informazioni condividere e come trattiamo i loro dati”.

Nuove aliquote Irpef: cosa cambia dal 2024? 

Dal 1° gennaio 2024, entrano in vigore le nuove aliquote dell’Irpef, caratterizzate dall’accorpamento del primo e secondo scaglione di reddito sotto un’unica aliquota del 23%. Questa riforma fiscale non solo modifica l’importo delle tasse, ma introduce anche importanti cambiamenti nelle detrazioni, equiparando quelle da lavoro dipendente a quelle da pensione.

Equiparazione delle detrazioni: lavoro dipendente e pensione

Una delle principali novità riguarda l’equiparazione delle detrazioni da lavoro dipendente a quelle da pensione. A partire dal prossimo anno, le detrazioni per i lavoratori subordinati aumentano da 1.880 euro a 1.955 euro, allineandosi a quelle precedentemente riservate ai percettori di redditi pensionistici.
Ciò implica un adeguamento della no tax area per i dipendenti, che passa dagli attuali 8.174 euro a 8.500 euro, rappresentando il reddito al di sotto del quale non è dovuta alcuna imposta.

Variazioni al sistema di calcolo

La modifica delle detrazioni influisce sull’ex bonus Renzi, applicato a redditi fino a 15.000 euro. La condizione per l’ottenimento del bonus rimane la stessa, ma si introduce un piccolo cambiamento nel calcolo. Il bonus sarà erogato quando l’imposta dovuta supera le detrazioni spettanti (1.955 euro per il 2024), a cui verrà sottratto l’importo di 75 euro, rapportato ai giorni di lavoro effettivi.
Questa variazione mantiene l’importo della detrazione a 1.880 euro, assicurando che la platea dei beneficiari del bonus Renzi rimanga invariata.

Garanzia di continuità: evitare decurtazioni salariali impreviste

L’obiettivo della riforma è garantire la continuità dei benefici del bonus Renzi, nonostante le nuove aliquote Irpef e l’aumento delle detrazioni. La variazione al sistema di calcolo è stata introdotta per evitare il rischio che i lavoratori con reddito compreso tra gli 8.174 euro e gli 8.500 euro (senza capienza fiscale dal prossimo anno) vedano la propria busta paga decurtata di 100 euro.
In questo modo, la riforma fiscale mira a mantenere la stabilità finanziaria per i dipendenti in questa fascia di reddito.

Le tre aliquote del 2024

Nel corso del 2024, dunque, c’è una significativa riforma delle aliquote dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (Irpef). In particolare, si assiste alla fusione del primo e secondo scaglione di reddito e di conseguenza, l’originaria aliquota Irpef del 25% viene eliminata, mentre le altre due rimangono inalterate. Per essere più precisi, le nuove aliquote Irpef del 2024 si suddividono come segue: 23% per i redditi fino a 28.000 euro; 35% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro; 43% per i redditi che superano la soglia dei 50.000 euro.

Clienti italiani disposti a cambiare brand pur di risparmiare

In tempi di difficoltà economica come quello attuale, in Italia sta emergendo una netta separazione tra i consumatori quando si tratta di fedeltà ai brand.

Quasi la metà degli italiani (48%) cerca alternative ai propri prodotti abituali per risparmiare, e il 42% rimane fedele ai propri brand, ma acquisterebbe di meno. Il 23% invece cerca di risparmiare sui prodotti alimentari, su abbonamenti e iscrizioni per poter continuare ad acquistare i propri brand preferiti.
È quanto emerge dalla ricerca ‘Redefining retail: What’s Next for Shoppers and Retailers?’, condotta da Manhattan Associates.

La sostenibilità ha un ruolo subordinato

Per il 18% degli intervistati, la sostenibilità ha la massima priorità, e per il 50% è comunque importante. Il 20% invece lo descrive come ‘bello, ma non indispensabile’, e il 7% non considera affatto questo aspetto. E quando si parla di consegna dei prodotti l’impatto ambientale gioca un ruolo importante solo per il 12%. La questione più rilevante è quella dei costi di consegna (50%), seguita dai tempi di delivery (28%) e il metodo di consegna (12%).

Tuttavia, i retailer rivelano un maggiore impegno verso la sostenibilità. Il 55% ritiene fondamentale una gestione efficiente dello stock, mentre il 51% sta adattando la propria rete di punti vendita, e per il 45% l’ottimizzazione dei resi svolge un ruolo importante per ottenere operazioni più sostenibili in futuro.

Il ruolo dei social per i retailer

Molti consumatori eseguono ricerche online prima di acquistare in store. Il 60% cerca l’offerta più vantaggiosa, mentre il 52% legge le recensioni dei prodotti che intende acquistare. Per il 50% poi è importante saperne di più sul prodotto desiderato, il 35% si accerta che il prodotto desiderato sia in stock, e il 14% prenota l’articolo per il click and collect.

In Italia quasi la metà dei consumatori predilige WhatsApp come canale di comunicazione, con un picco del 55% nella fascia di età compresa tra 25-34 anni. Opzione già proposta da più della metà dei retailer (57%), mentre un altro 27% prevede di introdurla nei prossimi 1-2 anni.

Esperienza di acquisto più ibride

Si delinea la tendenza a unificare il retail online e quello fisico. Se il prodotto non è disponibile in uno store il 49% dei retailer può verificare la sua disponibilità nei punti vendita vicini e avvisare il cliente, e per il 70%, nel caso il prodotto non sia disponibile in store, rende possibile ordinarlo online e consigliare le migliori opzioni di fulfilment.
Insomma, una shopping experience agevolata tra mondo fisico e digitale è diventata uno standard. Solo per il 4% dei retailer i processi in store e online sono ancora indipendenti.

Negli ultimi 12 mesi ci sono state, poi, nuove introduzioni nell’ambito delle opzioni di consegna: in giornata (60%), click-and-collect (59%), a domicilio (53%), delivery lockers (53%) o l’accorpamento di più prodotti per utente in un’unica delivery (42%). A dimostrazione che i retailer sono consapevoli delle elevate aspettative dei consumatori.

Cambiamenti climatici in Italia, che effetto hanno sui nostri elettrodomestici?

L’Italia, con le sue innumerevoli bellezze, è uno dei Paesi più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. Secondo un’indagine condotta da ANIA, l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, il 75% delle abitazioni nel nostro paese è esposto a un rischio significativo legato alle calamità naturali.

Il 2023: anno di eventi climatici estremi

Il 2023 sarà ricordato per la frequenza e l’intensità straordinaria degli eventi meteorologici. Un rapporto di Legambiente ha rivelato che, solo nei primi cinque mesi del 2023, si è riscontrato un aumento del 135% negli eventi climatici estremi in Italia rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Impatto del caldo sulla rete elettrica

Il caldo eccessivo, sempre più frequente e generalizzato, può causare anche dei danni collaterali. Il sovraccarico della rete elettrica può generare blackout e sbalzi di tensione, che danneggiano spesso le apparecchiature elettriche.

Richieste di risarcimento per danni elettrici

Ma qual è l’effetto di questi eventi estremi sulla richiesta di risarcimento? Secondo i dati di GfK Claim Manager, nel periodo da gennaio a giugno 2023, le richieste di risarcimento per danni elettrici a elettrodomestici sono cresciute del 15,6% rispetto allo stesso periodo nel 2022.
Questa crescita è stata particolarmente evidente nei mesi di maggio e giugno, con un aumento del 28% e del 44% rispetto all’anno precedente.

Gli elettrodomestici più “sensibili”

Tra le tipologie di elettrodomestici più colpite dalle richieste di risarcimento nella prima metà del 2023, spiccano i televisori (+38%), le lavatrici (+4%) e i frigoriferi (+7%). Le richieste relative alle caldaie a gas sono rimaste stabili (-0,8%), mentre le lavastoviglie hanno visto una diminuzione del 7% rispetto all’anno precedente.

Variazioni nei prezzi

GfK Claim Manager monitora anche le variazioni nei prezzi medi dei beni soggetti a richiesta di risarcimento. Questi dati sono fondamentali per valutare con precisione il valore attuale del bene da risarcire e migliorare l’efficienza del processo di liquidazione. Nei primi sei mesi del 2023, i prezzi medi delle lavatrici sono aumentati del 14%, quelli dei televisori del 11%, mentre le caldaie a gas hanno visto un aumento del 10%. In controtendenza, i frigoriferi hanno registrato una diminuzione del prezzo medio del 12%.

In un contesto caratterizzato da un’alta inflazione, questi dati forniscono un quadro completo degli impatti dei cambiamenti climatici sugli elettrodomestici e sulle richieste di risarcimento in Italia. La situazione richiede un’attenzione crescente all’assicurazione e alla gestione dei rischi legati al clima.

Passione podcast, quasi 12 milioni gli ascoltatori in Italia

I podcast piacciono sempre di più. Tanto che il loro ascolto registra una crescita costante, con un aumento dell’audience che raggiunge il 39% tra le persone dai 16 ai 60 anni, corrispondente a circa 11,9 milioni di ascoltatori. Questo dato segna un incremento rispetto al 36% dell’anno precedente, confermando che i podcast sono un formato in continua espansione e soprattutto un punto fermo del panorama mediatico. Anche perché i fan dei podcast dimostrano un elevato grado di fedeltà e coinvolgimento. È fondamentale promuovere presso tutti gli attori dell’industria dei media i tratti distintivi e di valore di questo formato al fine di massimizzarne il potenziale sia dal punto di vista editoriale che commerciale. 

Uno studio rivela l’identikit dell’ascoltatore

In questo contesto, sono illuminanti i risultati del 2023 dell’Ipsos Digital Audio Survey, un’indagine che analizza l’ascolto e le modalità di fruizione di tutte le forme di contenuti audio digitali, con particolare attenzione al mondo dei podcast. Giunto alla sua quinta edizione, questo studio si propone come punto di riferimento e guida per produttori, distributori e investitori interessati ai podcast e alla loro integrazione all’interno di una strategia audio. E’ importante che disporre di un solido patrimonio informativo per valorizzare al meglio i podcast. Chi sono gli ascoltatori dei podcast? Il profilo degli ascoltatori conferma alcune tendenze che si sono delineate fin dall’inizio del monitoraggio. Questi ascoltatori tendono a essere più giovani, istruiti e con un livello professionale elevato. Presentano anche alcune caratteristiche in termini di comportamenti di consumo, come una responsabilità nell’acquisto, una propensione all’esplorazione tecnologica, l’interesse per prodotti e servizi di alta qualità e una sensibilità alle raccomandazioni degli artisti seguiti. Inoltre, spesso fungono da influencer all’interno del loro gruppo di pari, specialmente quando si tratta di intrattenimento.

Dove si ascoltano i podcast? 

Il podcast è un formato che si adatta all’ascolto in qualsiasi luogo e momento, principalmente attraverso lo smartphone (75%). Tuttavia, una parte degli ascoltatori preferisce utilizzare altri dispositivi, come il computer (33%), il tablet (23%) e soprattutto gli smart speaker (13%). Questo formato è ampiamente ascoltato a casa (74%), ma registra anche un aumento nell’ascolto in auto (33%) e rimane stabile l’ascolto nei mezzi di trasporto (20%) e durante passeggiate (21%). L’ascolto dei podcast nel 2023 conferma la loro stabilità e popolarità, poiché il 40% degli ascoltatori dichiara di ascoltarne più rispetto all’anno precedente. Questo incremento dell’ascolto si traduce in un miglioramento dell’opinione complessiva riguardo ai podcast, evidenziando una crescente adesione a questo formato che offre contenuti di alta qualità.

I temi e gli argomenti trattati sono il motivo della scelta

L’interesse per argomenti specifici rimane il principale motivo alla base della scelta di ascoltare un podcast (32%). Tuttavia, è interessante notare che il peso di questo fattore tende a diminuire nel tempo, mentre cresce l’importanza di altri stimoli, come siti di notizie, post sui social media, passaparola online e offline, suggerimenti dalle piattaforme podcast e contenuti ascoltati in TV o alla radio. La capacità dei podcast di trattenere l’attenzione rimane un elemento distintivo, con il 57% degli utenti che dichiara di ascoltarli per l’intera durata. Questo livello di coinvolgimento rappresenta un valore significativo e riflette l’efficacia di questo formato nell’economia dell’attenzione. Un altro dato incoraggiante è la conferma della tendenza alla “serializzazione” dell’ascolto, con il 78% degli ascoltatori che segue intere serie di podcast. Questa serializzazione favorisce la fidelizzazione, la creazione di rituali e stimola conversazioni, condivisioni e passaparola.

Per gli italiani è difficile scoprire le fake news. E l’AI crea incognite

È quanto emerge dal Rapporto Ital Communications-Censis dal titolo ‘Disinformazione e fake news in Italia. Il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale’: per il 76,5% degli italiani le fake news sono sempre più sofisticate e difficili da scoprire. E il 20,2% crede di non avere le competenze per riconoscerle. Inoltre, il 29,7% nega l’esistenza delle bufale, e pensa che non si debba parlare di fake news, ma di notizie vere che vengono deliberatamente censurate dai palinsesti. E il 75,1% della popolazione ritiene che con l’upgrading tecnologico verso l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, riporta Ansa.

Eppure la domanda di informazione aumenta

Pandemia e vita digitale hanno spinto in avanti la domanda di informazione degli italiani, in un processo che sembra inarrestabile. Oggi circa 47 milioni di italiani (93,3%) si informa abitualmente su almeno una delle fonti disponibili, l’83,5% sul web e il 74,1% sui media tradizionali. Di contro, circa 3 milioni e 300mila (6,7%), hanno rinunciato a un’informazione puntuale, mentre 700mila non si informano affatto. Al palinsesto dato, e uguale per tutti, si è sostituito il palinsesto personalizzato, con un primato dello schermo e del linguaggio audiovisivo. Il risultato è che solo il 13,8% si rivolge a un’unica fonte di informazione, soprattutto over64, che si limitano alla fruizione dei media tradizionali.

Giovani più esposti a disinformazione

Il 79,5% consulta invece più di due fonti informative e il 62,9% ne consulta tre o più.
Si tratta di dati positivamente correlati con l’età e il titolo di studio: più si è giovani e scolarizzati, maggiore è il numero delle fonti da cui si attingono notizie. La combinazione di più fonti informative a comporre il palinsesto di ciascuno si riflette anche in un bilanciamento di fonti online e offline, tradizionali e no nella dieta mediatica individuale. Il 64,3% degli italiani dichiara di utilizzare un mix di fonti informative, tradizionali e online, un 9,9% attinge solo ai media tradizionali e un 19,2%, poco meno di 10 milioni di italiani, si affida esclusivamente alle fonti online. Questi ultimi, soprattutto giovani, sono i più esposti a disinformazione e fake news.

Comunicazione o confusione? Il caso riscaldamento globale

Il riscaldamento globale è un caso esemplare di comunicazione eccessiva e poco chiara, che alimenta cattiva informazione, catastrofismo e negazionismo, rischiando di provocare effetti non desiderati sui modi di pensare e sui comportamenti della popolazione. Il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione. I negazionisti, convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16,2% della popolazione. Gli individui più fragili, i più anziani e i meno scolarizzati, sono quelli che appaiono più confusi e meno in grado di comprendere il problema nella sua complessità.

Turismo: Europa più cara, ma continua ad attrarre i viaggiatori

Quest’estate oltre il 40% dei viaggiatori per una settimana di vacanza spenderà più di 1.500 euro. E le tariffe giornaliere per camera in media sono passate da 156 euro nel 2022 a 212 euro nel 2023.
Secondo l’analisi sulle vacanze estive 2023 di Allianz Trad l’inflazione alta, che trascina al rialzo i prezzi di aerei, alloggi e cibo, non sembra scoraggiare i viaggiatori. Nonostante l’Europa sia più cara è ancora attrattiva per i vacanzieri. I paesi del Sud, come l’Italia, la Spagna, la Grecia, il Portogallo e la Croazia, nonostante l’aumento dei prezzi in questa torrida estate 2023, sono ancora invitanti rispetto ad altre mete in giro per il mondo.

Aumentano le tariffe alberghiere, ma anche le camere occupate

Oltre ai rincari degli alimentari, l’alloggio è diventato più costoso, condizionato da una domanda ‘alle stelle’ e dal deciso aumento delle tariffe degli hotel per far fronte a bollette energetiche più elevate.
La tariffa giornaliera per una camera d’albergo in media è balzata a 212 euro nel primo trimestre dell’anno, in rialzo rispetto ai 156 euro nel 2022 e i 129 del 2021. Ma ciò non ha scoraggiato viaggiatori: anche il tasso medio di occupazione negli alberghi continua ad aumentare, passando dal 48% del 2021 al 62% di oggi. Il tasso ‘normale’ pre-pandemia era del 71%.
Si prevede quindi che quest’anno i viaggi all’interno dell’Europa cresceranno del 20%, per circa 515 milioni di arrivi, pari all’89% del 2019 e al 14% nel 2024.E il 41% dei viaggiatori, rispetto al 33% del 2022, spenderà più di 1.500 euro per la vacanza estiva.

Bermuda? Non grazie, meglio il Mediterraneo

Del resto, il confronto con il resto del mondo induce a preferire le mete più vicine, dove il costo del trasferimento risulta più accettabile se paragonato a destinazioni come i Caraibi, gli Stati Uniti e alcune mete premium come il Belize, le Maldive, le Mauritius, le Seychelles e lo Sri Lanka.
Le Bermuda, ad esempio, rimangono la vacanza più costosa tra le destinazioni globali, tre volte più cara dell’Europa meridionale. Confrontando i dati di questa estate con quella del 2019, il parametro che si riferisce ai ricavi per passeggero-chilometro (RPK) all’interno dell’Europa ha raggiunto il 92% nel primo trimestre dell’anno, mentre i volumi di vendita dei biglietti aerei da maggio a settembre hanno già toccato il 91% dell’ultimo anno pre-Covid.

Come evitare la dipendenza dal turismo straniero? 

Il turismo rappresenta la quota maggiore del valore aggiunto lordo totale in Croazia (11,3%), in Portogallo (8,1%), in Grecia (7,7%), in Spagna (6,9%) e in Italia (6,2%).
Ciò rischia di provocare una dipendenza strutturale dai turisti stranieri e una crescente vulnerabilità agli shock esogeni (come insegna la pandemia). Si corre anche il rischio di perpetuare i problemi del mercato del lavoro, come la prevalenza di posti poco qualificati e una altrettanto bassa produttività.
Nel frattempo, l’Europa meridionale dovrebbe investire nel turismo sostenibile per garantire la conservazione degli ambienti naturali e del patrimonio culturale per le prossime generazioni, ragionando su un miglioramento delle infrastrutture. 

Packaging e raccolta differenziata: aumentano le informazioni sulle etichette

Nel 2022 in Italia sono aumentati i prodotti che riportano informazioni ambientali relative al packaging. Di fatto, su oltre 59.000 referenze compaiono già le indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata, il 44,8% di tutti i prodotti grocery a scaffale monitorati nel 2022 (+3,2% rispetto al 2021) e il 66,7% di quelli effettivamente venduti (+2,4%). Sono dati incoraggianti, soprattutto a proposito delle informazioni ambientali, rese obbligatorie da gennaio 2023. È quanto rileva il terzo report IdentiPack, l’Osservatorio nazionale sull’etichettatura ambientale del packaging, frutto della collaborazione fra CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, e GS1 Italy. 

Imballaggi a scaffale e codifica identificativa del materiale

Su 34.031 imballaggi a scaffale è già presente la codifica identificativa del materiale di cui sono fatti, ai sensi della decisione 129/97/CE. Questi corrispondono al 25,6% del totale delle referenze a scaffale nel grocery (+4,2 %) e al 43,7% del totale dei prodotti venduti (+4,1 %). Oggi sono già 4.691 i prodotti a scaffale la cui etichetta permette di visionare digitalmente le informazioni ambientali sul packaging del prodotto. Un paniere che include il 3,5% delle referenze a scaffale e il 3,3% di quelle vendute complessivamente. Un numero cresciuto dello 0,2% se confrontato con quello del 2021.

Freddo e Home Care i settori che “comunicano” di più

Fra i settori merceologici analizzati, quello del Freddo si posiziona al primo posto per la comunicazione delle informazioni ambientali obbligatorie dei packaging.
Gelati e surgelati si aggiudicano la leadership per incidenza di prodotti che riportano in etichetta la codifica identificativa del materiale, oltre alle indicazioni sulla tipologia di imballaggio e sul corretto conferimento in raccolta differenziata. Ma brillano anche per la presenza di certificazioni relative alla compostabilità del packaging e suggerimenti per migliorare la raccolta differenziata a casa.
Anche l’Home Care ricorre alla comunicazione ambientale sul packaging con numeri superiori alla media, e si aggiudica la palma per l’uso di canali digitali che forniscono informazioni aggiuntive. Un reparto pionieristico, questo, nel mettere a disposizione del consumatore QR code e link digitali, diffusi sugli imballaggi home care molto più che nel resto del grocery.

Le corrette indicazioni aiutano l’industria del riciclo

“Queste cifre e questi risultati sono anche il frutto di un percorso che CONAI ha portato avanti dalla fine del 2020 con il Ministero dell’ambiente e con le aziende italiane, creando Linee guida dedicate proprio all’etichettatura – commenta Luca Ruini, presidente CONAI -. I numeri di IdentiPack, infatti, sono anche una conferma di quanto le corrette indicazioni per la raccolta differenziata siano importanti: permettono all’industria del riciclo di dare nuova vita a quantitativi sempre maggiori di materiali da imballaggio, risorse prodotte dalle nostre città che sono ormai autentiche miniere metropolitane”.

Estate 2023: gli italiani scelgono la destinazione in base al prezzo

Come altri settori anche quello dei viaggi in questo periodo sta subendo rincari significativi. Ed è proprio questo che guida le scelte relative alle prossime vacanze degli italiani, che per quanto riguarda la destinazione prendono in considerazione soprattutto i costi. Lo rivela Revolut, l’app finanziaria globale, tramite i risultati della ricerca condotta con Dynata sulle tendenze di viaggio per l’estate 2023. Di fatto, i costi sono i driver di scelta per il 76% degli intervistati, seguiti da salute/sicurezza e distanza della destinazione (43%), e ritenuti più importanti dalle donne (46%) rispetto agli uomini (40%). Cibo e tradizioni, invece, vengono tenuti in considerazione dal 41% del campione, mentre il tipo di sistemazione è determinante solo per il 38% degli intervistati.

Le donne spenderanno meno degli uomini

In media, per gli italiani, il budget per un viaggio di una settimana sarà meno di 250 euro per il 7%, tra 250 e 500 per il 24%, tra 500 e 1.000 per il 36% e tra 1.000 e 2.000 per il 17%. Solo il 5% pensa di spendere oltre i 2.000 euro per sette giorni di vacanza. Per i rincari delle vacanze però sono più preoccupate le donne (76%) rispetto agli uomini (72%), e il 24% del campione femminile afferma di vedere il proprio budget per le ferie seriamente a rischio. Le donne, infatti, spenderanno meno: per una settimana di viaggio il 61% stima una spesa tra 250 e 1.000 euro, mentre il 59% degli uomini spenderà tra 500 e 2.000 euro.

La Spagna è la destinazione estera migliore per rapporto qualità-prezzo

Ma come risparmiare per poter andare in vacanza? Il 15% del campione utilizza un salvadanaio digitale, o altri strumenti digitali, per accantonare più facilmente il denaro per i viaggi, mentre un altro 15% usa una combinazione di strumenti tradizionali e digitali. Il vecchio porcellino in ceramica viene ormai utilizzato solo dal 17% degli italiani. Il sondaggio di Revolut ha poi rivelato che secondo i vacanzieri italiani è la Spagna la migliore destinazione estera per rapporto qualità-prezzo (8%), seguita da Grecia (7%) e Croazia (5%).

Workation: si lavora anche in vacanza

Se le ferie sono fatte per rilassarsi e rigenerarsi, il 28% lavorerà durante la vacanza, o potrebbe doverlo fare. Il 61%, invece, è categorico e afferma che non lavorerà né si dovrebbe farlo. C’è poi un 2% che evidenzia una tendenza, quella della workation, il mix di lavoro e tempo libero da attuare in vacanza. Quanto alle attività favorite, le esperienze gastronomiche riscuotono il 68% delle preferenze, seguite dalla visita dei luoghi tipici di una destinazione (57%), natura e animali (49%), arte e musei (48%), e shopping (36%). Gli aspetti che invece stressano di più i vacanzieri sono la folla (56%), le truffe (37%) e gli scioperi, aeroportuali e dei trasporti (29%).

Pil e inflazione: i dati Confcommercio a febbraio 2023

Il processo di rientro dell’inflazione, che a febbraio 2023 è al 9,4% su base annua, seppure appare avviato (gennaio 10,1% vs 11,6% dicembre) è ancora caratterizzato da molti elementi di incertezza. Le tensioni ancora presenti nel sistema, sottolineate da un’inflazione di fondo in crescita anche a gennaio, rendono difficile immaginare il ritorno verso dinamiche più in linea con gli obiettivi della politica monetaria prima dell’ultimo trimestre dell’anno. Secondo le stime di Confcommercio a febbraio 2023 il Pil dovrebbe registrare una riduzione dello 0,4% congiunturale e una crescita dello 0,6% tendenziale. Pur in presenza di un rimbalzo nel mese di marzo, il primo trimestre si chiuderebbe con una moderata riduzione, confermando l’ipotesi di una contenuta recessione a cavallo del 2022-2023.

Permane l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie

Agli sporadici segnali positivi sul versante della produzione si contrappongo le difficoltà delle famiglie a proseguire nel percorso di recupero dei consumi. A soffrire è soprattutto la domanda di beni. Inoltre, il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche appare ancora limitato e non contiene l’erosione del potere d’acquisto di redditi correnti e ricchezza liquida, solo in parte compensata dall’intervento pubblico. A dicembre, dopo un trimestre negativo, la produzione industriale ha mostrato un incremento dell’1,6% su novembre, ma le prospettive a breve rimangono incerte, seppure connotate da elementi meno sfavorevoli rispetto ai mesi autunnali. Il mercato del lavoro ha mostrato, a dicembre, un modesto miglioramento, con una lieve crescita degli occupati: +0,2%, pari a 37mila unità.

Consumi: difficoltà per alimentazione, mobili ed elettrodomestici

A gennaio i consumi, espressi nella metrica dell’ICC, hanno registrato un moderato miglioramento nel confronto annuo con il ritorno a valori positivi (+1,0%). Una stima che però va letta con cautela, perché a gennaio 2022 si registrò la peggiore ondata di Covid-19, con la conseguente limitazione di molte attività commerciali e della mobilità.
Al miglioramento tendenziale ha contribuito esclusivamente la domanda relativa ai servizi (+9,0%), mente per i beni si conferma la tendenza alla riduzione dei volumi acquistati (-1,3%).
All’interno di questo aggregato, piccoli segnali di recupero si rilevano per abbigliamento e automotive. Permangono le difficoltà per alimentazione domestica, settore dei mobili ed elettrodomestici.

Inflazione di fondo: una progressiva tendenza all’aumento

Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo si stima per il mese di febbraio 2023 una variazione dello 0,3% in termini congiunturali e del 9,4% su base annua. Pur avviato, il processo di rientro dell’inflazione non appare privo di incognite. L’inflazione di fondo continua, infatti, a mostrare una progressiva tendenza all’aumento, evidenziando come all’interno del sistema importazione-produzione-distribuzione le tensioni non si siano ancora esaurite. Solo in autunno l’inflazione dovrebbe tornare su valori prossimi a quelli indicati come obiettivo dalla politica monetaria. La persistenza dell’inflazione su valori storicamente elevati consolida le attese di una prima parte dell’anno molto debole sul versante dei consumi.