Smart working, per continuare così gli italiani cambierebbero addirittura lavoro

Lo smart working ha conquistato gli italiani, che per la prima volta si sono approcciati in modo massiccio a questa modalità di lavoro. Così a settembre, quando si tornerà dalle vacanze estive – per chi ha potuto concedersele – moltissimi nostri connazionali si troveranno anche a dover affrontare lo scoglio del rientro in ufficio, abbandonando le postazioni allestite a casa.

E le preoccupazioni, insieme alla tristezza, non mancano. A rilevare questo sentimento diffuso è una ricerca di Wyser, società internazionale di Gi Group che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali, effettuata per scoprire il mood degli italiani rispetto al termine dello smart working.

Timori legati alla sicurezza e paura della nuova routine

Tra le principali preoccupazioni espresse dai nostri connazionali in merito al ritorno in sede spicca quella del mancato rispetto delle normative vigenti in fatto di sicurezza, segnalata da oltre il 30% degli intervistati. Un altro 32% teme la possibilità di un secondo lockdown, però esiste anche un 80% di ottimisti che afferma di fidarsi della capacità della propria azienda di dotarsi delle necessarie misure anti virus.

A casa si sta bene

In base ai dati raccolti nella survey, riporta AdnKronos, si scopre che oltre il 70% dei lavoratori vorrebbe che lo smart working continuasse a essere parte integrante della nuova vita lavorativa, anche in misura minore. Un approccio flessibile da parte delle organizzazioni è sempre più richiesto dai candidati e manager, per cui non stupisce che l’interruzione del lavoro da casa potrebbe essere per molti un fattore determinante nella scelta di cambiare lavoro. Per molti, quindi, il rientro alla normale routine sarà traumatico perché a casa si sta bene. Il 50% troverà pesante ritornare ad affrontare la solita vita lavorativa, tra i mezzi pubblici affollati e il traffico sulle strade, mentre il 30% soffrirà il trantran mattutino con la sveglia anticipata e il pensiero dell’abbigliamento. Passare fuori casa la maggior parte delle ore della giornata, come era norma fino allo scorso gennaio, sarà fonte di grande disagio per un lavoratore su 3 (33,3%) e dover continuamente prestare attenzione e rispettare le limitazioni e le misure vigenti renderà meno piacevole e spontaneo interagire con gli altri (19,2%). L’aspetto positivo sarà invece riprendere i rapporti interpersonali: il 52,6% ha sofferto infatti la mancanza della socialità nella quotidianità lavorativa e il 20,5% non vede l’ora di spegnere Zoom e tornare a confrontarsi di persona e avere occasioni di networking (9,6%).

Una comunicazione chiara e trasparente

“Ritengo che una comunicazione chiara e trasparente – ha commentato Carlo Caporale, amministratore delegato di Wyser – tra azienda e dipendenti sia imprescindibile in questo momento più che mai, così come delle misure di welfare per rendere meno impattante sulla psiche e sulla routine dei lavoratori questa nuova fase. Purtroppo, come risulta dalla nostra ricerca, solo un’azienda su tre ha comunicato, a oggi, quali iniziative saranno adottate a tale scopo: l’ideale sarebbe diramare ogni tipo di informazione utile entro il periodo di ferie o di chiusura. Sarà compito dei team leader lavorare sodo per trovare la quadra, con attività di team building e occasioni di convivialità e svago”.