Soggiorno in stile luxury moderno, alcune idee

Volete realizzare un arredo luxury per il vostro soggiorno? Ebbene, è sempre più diffusa l’idea di abbellire la propria area living magari con una parete attrezzata di lusso. Per la scelta, il consiglio è sempre quello di rivolgersi a degli esperti interior design.

L’idea migliore per riuscire nell’obiettivo di fare un arredo di lusso è di puntare sullo stile minimal, specie se il risultato che si vuole ottenere è quello di un look moderno.

Bisogna mettere in campo un po’ di creatività e soprattutto seguire i consigli di esperti interior designer che possono apportare un valore aggiunto ad ogni creazione.

Arredamento di lusso nel soggiorno, l’importanza della creatività

Per realizzare un arredo luxury nel soggiorno, è importante farsi trasportare soprattutto dalla creatività. Le tendenze di stile nell’ambito del design devono essere uno spunto per riuscire a trovare la soluzione migliore per le proprie esigenze ma non devono influenzare del tutto il vostro stile.

Chi vuole riuscire nell’obiettivo di arricchire il soggiorno con una parete attrezzata di lusso dovrebbe optare per una soluzione componibile che possa ottimizzare gli spazi.

La soluzione migliore è quella che più delle altre presta attenzione ai dettagli e che creerà un’atmosfera raffinata e accogliente. Puntate su degli elementi in legno massello e con una forma unica nello stile.

Un soggiorno moderno e di lusso

In un soggiorno moderno e di lusso, la parete attrezzata luxury è la vera protagonista. Nello stile moderno e contemporaneo bisogna scegliere delle forme stilizzate, con dei colori che magari possono avere inserti in oro e pietre naturali a vista.

Tra le scelte più particolari, vi è quella, ad esempio, di optare per una libreria in una versione destrutturata, a cui abbinare un divano o delle lampade di design che possono riprendere lo stile generale dell’intero spazio.

Tutti gli elementi devono contribuire a dare una visione di insieme di qualità e di prestigio!

Smart working, si lavora di più: stress in agguato

La sensazione in effetti era condivisa da molti, ora arrivano anche le conferme ufficiali: con lo smart working si lavora molto, molto di più. La mancata separazione fra casa e ufficio ha fatto sì che i tempi dedicati alla propria occupazione professionale si siano dilatati, invadendo anche la sfera privata. Con il rischio di incorrere in un accumulo eccessivo di stress. Diverse ricerche, l’ultima delle quali pubblicata da Gartner, hanno riscontrato che gli impiegati ‘ibridi’, che parzialmente o totalmente lavorano da casa con conseguenti ‘interferenze’ familiari, si staccano due o tre ore dopo. Secondo Gartner il 40% di chi lavora almeno parzialmente da casa fa orari più lunghi, e fatica a disconnettersi 1,27 volte più di chi invece è in ufficio.

Giornate fino a tre ore più lunghe

La medesima ricerca, che è stata ripresa anche da Usa Today, rivela che le ore lavorate sono almeno due-tre in più rispetto a quelle di un anno fa. La nuova indagine di Gartner allunga ulteriormente le stime, pubblicate qualche mese fa, dell’università di Harvard: oggi il tempo che si trascorre al monitor è maggiore di 48,5 minuti rispetto a quello preventivato dall’ateneo americano. “Il tradizionale orario dalle 9 alle 5 non ha più senso oggi – ha dichiarato Alexia Cambon, l’autrice principale della ricerca – perché siamo in un ecosistema in cui si lavora tutto il giorno da casa, e ci sono molte più interruzioni per motivi lavorativi o familiari. Dobbiamo mettere qualche confine perché questo non va bene per la salute mentale, visto che conciliare tutti gli aspetti è diventato più difficile”.

I rischi della zoom fatigue

Trascorrere così tanto tempo davanti a uno schermo è un’attività che hai dei rischi. In primo luogo, c’è il pericolo distrazione: gli impiegati ‘ibridi’ hanno una possibilità maggiore di 2,54 volte di distrarsi rispetto a chi lavora in ufficio. E poi è sempre in agguato la cosiddetta ‘Zoom fatigue’, connessa alla fatica di dover seguire conferenze virtuali, mentalmente più impegnative di quelle reali. Infine c’è appunto l’allungamento delle giornate lavorative. “Con il lavoro da remoto che ha sfumato i confini tra lavoro e vita personale – conclude la ricerca – i lavoratori non riescono a mettere confini, e molti restano connessi anche molto dopo la fine dell’orario teorico di lavoro”. Insomma, lo smart working, così come la dad per gli impegni scolastici, ci ha permesso di proseguire con le nostre attività anche in momenti difficili. Ma le nuove modalità digitali vanno gestite con criterio, pena un carico eccessivo di stress.

Suggerimenti per un giardino bello da vivere

Quando si crea un giardino o area verde è molto importante avere una visione di insieme. Ciò significa che non bisogna concentrarsi esclusivamente su un elemento del giardino, ma invece prevedere quello che sarà il risultato finale nel suo insieme.

Questo è un errore largamente diffuso e che è bene evitare soprattutto quando si è nella fase di progettazione giardini per evitare di dover apportare degli interventi correttivi in seguito. Se pensi un attimo a quelli che sono dei bei giardini, anche quelli che sicuramente avrai visto in foto, certamente avrai notato che non c’erano semplicemente un bel manto erboso e piante curate, ma sicuramente spiccano anche elementi come pietre ed elementi di decorazione che nell’insieme rendono il tutto particolarmente artistico e gradevole.

Ecco allora alcuni suggerimenti utili per rendere il tuo giardino un angolo ancora più bello e piacevole da vivere.

L’illuminazione

L’illuminazione è di fondamentale importanza per creare una bella atmosfera in giardino e rendere più piacevole la permanenza qui, soprattutto nelle sere d’estate. Esistono a tale scopo delle lampade da esterno o faretti solari in grado di svolgere egregiamente il proprio compito. Ovviamente in base al tipo di illuminazione che avrei scelto cambierà l’effetto finale che andrai ad ottenere, ma quel che devi tenere a mente è che la luce deve diffondersi in maniera uniforme e non creare aree buie.

Organizzazione degli spazi

Questo è un altro aspetto molto importante del tuo giardino, in quanto in grado di influire direttamente sul risultato finale: se il giardino è particolarmente grande, è bene utilizzare diversi tipi di elementi che possono arricchirne il design. Se al contrario il giardino è piccolo, bisogna adottare quelle soluzioni che diano una sensazione di maggiore ampiezza, e ciò è possibile giocando ad esempio con la prospettiva. Potresti pensare per questo di posizionare gli alberi in fondo al giardino, ed inserire invece arbusti e piccole piante nella parte iniziale.

Pensa infine che è importante lasciare alcuni spazi vuoti perché questo dà maggiore sensazione di spazio ma soprattutto diventa uno spazio fruibile nel caso in cui tu voglia organizzare un barbecue con gli amici o perché no, prendere il sole sul prato in estate.

Cybersecurity e gender gap, “quote rosa” ancora basse nelle imprese

Nel settore della sicurezza informatica le donne sono ancora poco presenti in circa la metà delle grandi imprese. Nel 45% delle grandi aziende, infatti, la percentuale di donne che lavorano nei dipartimenti di sicurezza informatica è inferiore rispetto a quella relativa al resto della forza lavoro aziendale. E solo il 37% sta mettendo in atto, o ha pensato di attuare, una serie di programmi ufficiali che potrebbero portare a un aumento del numero delle donne nell’ambito della cybersecurity. Questo, nonostante la presenza di una forza lavoro diversificata possa contribuire a portare talento e nuova linfa vitale all’interno di un’organizzazione, e a migliorarne le prestazioni aziendali.

Le donne costituiscono solo il 39% della forza lavoro nelle aziende

Secondo i risultati dell’indagine condotta da 451 Research dal titolo Cybersecurity through the CISO’s eyes. Perspectives on a role report per conto di Kaspersky le imprese con un’alta percentuale di diversity al loro interno registrano, a livello globale, il 19% di entrate derivanti dall’innovazione. La parità di genere, quindi, non è solo una questione etica, ma anche un fattore importante per l’efficienza aziendale. Ma nonostante le iniziative orientate al sostegno della diversity le donne costituiscono ancora solo il 39% della forza lavoro nelle aziende in generale, e la percentuale relativa alle posizioni dirigenziali a livello mondiale è pari al 25%.

L’informatica è un settore prevalentemente maschile

La cybersecurity, così come il mondo dell’informatica in generale, può essere considerato prevalentemente un settore maschile. Secondo l’indagine commissionata da Kaspersky il 45% dei CISO (Chief information security officer) coinvolti avrebbe dichiarato che le donne sono in effetti poco rappresentate all’interno dei loro dipartimenti. Quasi la metà delle realtà coinvolte dal sondaggio, però, ha dichiarato di fornire, o di voler fornire, programmi di stage rivolti a studentesse (42%), o voler formare candidate con pochi titoli o nessun titolo (40%). Solo il 22% degli intervistati dichiara di assumere candidate provenienti da altri dipartimenti all’interno delle proprie organizzazioni. Il 63%, invece, ha dichiarato di essere alla ricerca di specialisti pienamente qualificati, senza alcuna preferenza in termini di genere.

Qualcosa sta cambiando nella leadership: negli ultimi due anni più donne che uomini

Dalla ricerca è emerso anche che gli uomini che ricoprono ruoli di leadership nell’ambito della sicurezza informatica sono più numerosi rispetto alle donne. Solo un quinto (23%) degli intervistati ha dichiarato di appartenere all’universo femminile. Nonostante questo dato, la quantità degli incarichi assegnati per ruoli di questo tipo suggerisce una crescita che riguarda proprio il numero di donne che ricoprono posizioni di rilievo nella cybersecurity. Il 20% delle intervistate ha dichiarato infatti di essere approdata a un ruolo di leadership nell’ambito della sicurezza informatica negli ultimi due anni, il doppio (10%) rispetto al dato relativo agli uomini per lo stesso tipo di ruolo, e nello stesso periodo di tempo.

Fatturato dell’industria: a marzo prosegue la crescita congiunturale

Prosegue nel mese di marzo la crescita congiunturale del fatturato dell’industria, che su base trimestrale segna un risultato positivo sia per la componente interna sia per quella estera. L’incremento è diffuso a tutti i principali raggruppamenti di industrie, a eccezione di quello dell’energia. Secondo l’Istat nel confronto tendenziale su dati grezzi gli apporti positivi maggiori provengono dal settore delle macchine di impiego generale e dall’industria del cuoio, in particolare articoli da viaggio e borse. Il comparto degli autoveicoli e il settore farmaceutico forniscono invece i contributi più negativi alla dinamica dell’indice generale.

Al netto della componente di prezzo, invece, il settore manifatturiero evidenzia una crescita congiunturale sia su base mensile sia su base trimestrale.

+0,3% a marzo e +0,9% nel primo trimestre

Più in dettaglio, il fatturato dell’industria stimato per il mese di marzo registra un aumento dello 0,3% in termini congiunturali, proseguendo quindi nella dinamica positiva registrata nei due mesi precedenti. Nel primo trimestre dell’anno l’indice complessivo infatti è cresciuto dello 0,9% rispetto all’ultimo trimestre del 2018. Inoltre, anche gli ordinativi a marzo registrano un incremento congiunturale, in questo caso pari al 2,2%, mentre nella media del primo trimestre 2019 risultano invariati rispetto al quarto trimestre dello scorso anno, riporta Adnkronos. Per gli ordinativi l’incremento congiunturale riflette una leggera contrazione delle commesse provenienti dal mercato interno (-0,5%), e una marcata crescita di quelle provenienti dall’estero (+6,2%).

Aumento congiunturale per gli indici destagionalizzati

La dinamica congiunturale del fatturato è sintesi di una contenuta flessione del mercato interno (-0,3%) e di un sostenuto aumento di quello estero (+1,5%). Con riferimento ai raggruppamenti principali di industrie, a marzo gli indici destagionalizzati del fatturato segnano un aumento congiunturale dello 0,9% per i beni intermedi e dello 0,1% per i beni di consumo. I beni strumentali restano sullo stesso livello del mese precedente mentre l’energia registra una lieve riduzione dello 0,3%.

In termini tendenziali la crescita è dell’1,3%

Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21, contro i 22 di marzo 2018), il fatturato totale cresce in termini tendenziali dell’1,3%, con incrementi dello 0,2% sul mercato interno e del 3,5% su quello estero. Con riferimento al comparto manufatturiero, il settore dei macchinari e attrezzature e quello della gomma, plastica e minerali non metalliferi registrano la crescita tendenziale più rilevante (+7,9%), mentre l’industria farmaceutica mostra il calo maggiore (-10,3%).

In termini tendenziali l’indice grezzo degli ordinativi diminuisce del 3,6%, con riduzioni su entrambi i mercati (-4,4% quello interno e -2,4% quello estero). La maggiore crescita tendenziale si registra nelle industrie tessili (+4,6%), mentre il peggior risultato si rileva nell’industria farmaceutica (-12,9%).

Il digitale entra nella filiera agroalimentare

L’innovazione digitale entra nella filiera agrifood con soluzioni che aumentano la competitività dell’intero settore e migliorano qualità e tracciabilità del Made in Italy alimentare. Sono già 133 le soluzioni tecnologiche per la tracciabilità presenti sul mercato italiano, e il 44% delle imprese che le adotta ha migliorato efficienza ed efficacia, riducendo tempi e costi. Ma è l’Agricoltura 4.0 l’ambito di maggior fermento, con oltre 300 soluzioni 4.0 già disponibili, orientate soprattutto all’agricoltura di precisione, e in misura minore all’agricoltura interconnessa, il cosiddetto internet of farming. Impiegato dal 55% di 766 imprese agricole italiane.

Un mercato da 370 a 430 milioni di euro

Secondo l’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia, la crescente offerta tecnologica spinge un mercato che nel 2018 ha raggiunto un valore compreso tra i 370 e i 430 milioni di euro (+270% in un solo anno), generato da oltre 110 aziende fornitrici fra player affermati e startup. Per circa l’80% questo mercato è generato da offerte innovative di attori già affermati nel settore (fornitori di macchine e attrezzature agricole), e per circa il 20% da soluzioni di attori emergenti (soprattutto startup), che propongono sistemi digitali innovativi e servizi di consulenza tecnologica.

L’Agricoltura 4.0 in Italia

L’Osservatorio ha mappato 110 imprese del comparto (74% brand affermati e 26% startup) che offrono oltre 300 soluzioni tecnologiche di Agricoltura 4.0, con ruoli e posizionamento molto diversi lungo la filiera. Il 49% delle aziende sono fornitrici di soluzioni avanzate come Internet of Things (IoT), robotica e droni, il 22% di soluzioni di data analysis, il 16% di macchine e attrezzature per il campo, il 7% produce componentistica e strumenti elettronici, mentre nel 3% si tratta di realtà produttive in ambito agricolo. Le soluzioni più frequenti sono i sistemi utilizzabili trasversalmente in più settori agricoli (53%), seguite da quelle rivolte al comparto cerealicolo (24%), ortofrutticolo (24%) e vitivinicolo (16%). Cresce, anche se molto lentamente, l’attenzione per l’internet of farming, abilitato dal 14% delle soluzioni offerte.

Dati, droni, e robot le tecnologie innovative per l’agricoltura

Tra le tecnologie più rilevanti per l’innovazione nel settore agricolo emergono i dati: li usa il 94% delle startup operanti nell’Agricoltura 4.0, e il 56% impiega tecnologie IoT per raccogliere e trasmettere dati in tempo reale sulle condizioni ambientali e per monitorare le attività delle macchine. Seguono i droni (24%) e i robot per le attività in campo (3%). Ma le tecnologie digitali hanno un grande impatto anche sull’efficienza e l’efficacia dei processi di tracciabilità alimentare. Soprattutto per quanto riguarda i costi di gestione delle scorte (15%), la riduzione degli sprechi alimentari (14%) e il consolidamento dei rapporti di filiera (13%).

Work-Life Balance, la tecnologia sfuma i confini tra lavoro e tempo libero

Quale è il confine tra lavoro e vita privata, visto che ormai tutti siamo immersi, 24 ore su 24, nella tecnologia? A questa domanda, e a molte altre, risponde la ricerca Working Life condotta da PageGroup, società leader mondiale nel recruitment, che ha esaminato la vita lavorativa delle persone tra tecnologia, lavoro agile e rapporto con i colleghi.

Il 68% ha un dispositivo aziendale

Il sondaggio, condotto a giugno 2018 su 5.197 intervistati in Europa – di cui 775 in Italia –  ha fatto emergere i vantaggi e le sfide che la tecnologia fornita dalle aziende comporta per i lavoratori. Più del 68% degli intervistati è infatti dotato di almeno un dispositivo aziendale tra cellulare, laptop e tablet, e per il 70% dei lavoratori questi strumenti hanno cambiato la vita, ma solo per il 36% ciò ha un impatto positivo sul livello di felicità personale e lavorativa.

Molti dipendenti in Italia usano questi dispositivi anche per motivi personali al di fuori dell’orario di lavoro, sfumano ulteriormente i confini tra lavoro e tempo libero. Sembra che il vecchio detto “essere sempre di turno” non sia mai stato così vero.

Il lavoro da remoto entra nella sfera del tempo libero

Con un simile dispendio di device aziendali, i limiti fra vita privata e lavorativa sono davvero sottili. I dispositivi, infatti, da un lato favoriscono il lavoro da remoto, permettendo ai dipendenti di lavorare al di fuori dell’ufficio in caso di necessità (possibilità sfruttata dal 64% di manager e lavoratori), ma dall’altro affievoliscono i confini tra vita privata e lavorativa: il 63% dei lavoratori italiani afferma infatti che tutti i giorni controlla la propria e-mail al di fuori degli orari di lavoro e il 57% risponde alle chiamate. Lo studio evidenzia inoltre che i lavoratori degli altri paesi sono in generale più soddisfatti del proprio work-life balance rispetto agli italiani (59%): Austria 73%, Belgio 71%, Francia 72%, Germania 63%, Lussemburgo 67%, Olanda 78%, Polonia 70%, Portogallo 64%, Svizzera 75%.

I lavoratori più “grandi” più dediti al lavoro

Con l’aumentare dell’età, e delle responsabilità dei ruoli, aumenta anche la percentuale di lavoratori che utilizza i dispositivi aziendali anche al di fuori degli orari di ufficio, passando dal 41,6% di dipendenti tra i 25 e i 34 anni che controllano le e-mail e il 31,2% della stessa fascia che risponde a chiamate di lavoro, al 63% di over 60 che controllano le mail e il 68% che risponde al telefono.

Stakanovisti per senso di responsabilità

I principali motivi che spingono le persone a rimanere connesse al di fuori dagli orari di ufficio sono il senso di responsabilità verso il ruolo e il senso di obbligo. Il 52% dei professionisti under 35 infatti si sente obbligato ad essere sempre connesso, percentuale che scende al 32% per gli over 35. Opposta la situazione se si analizza il senso di responsabilità: il 60% circa dei professionisti over 35 lavora al di fuori degli orari per questo motivo, mentre per gli under 35 la percentuale scende al 44%.

Il 14% dei giovani italiani abbandona gli studi

Nel 2017 i giovani tra i 18 e i 24 anni che hanno abbandonato gli studi sono stati 580mila, una quota pari al 14%. Per la prima volta dal 2008 il dato non ha registrato un miglioramento rispetto all’anno precedente. Nel 2016 infatti la percentuale si attestava al 13,8%.

Si tratta di dati rilevati dall’Istat nel Report sui livelli di istruzione, in cui emerge anche una forte differenza territoriale fra le aree del Paese: – 18,5% nel Mezzogiorno, 10,7% nel Centro, 11,3% nel Nord.

L’Italia mostra comunque progressi sul fronte degli abbandoni scolastici. La quota di 18-24enni che posseggono al più un titolo secondario inferiore fuori dal sistema di istruzione e formazione è in calo negli anni, considerando che nel 2008 era pari al 19,6%.

Perché si rinuncia a studiare

La Strategia Europa 2020 sull’istruzione fissa l’obiettivo al 10%, riporta Agenpress. E se in media nei Paesi europei il suo raggiungimento è vicino (Regno Unito) o raggiunto (Germania e Francia), in Italia il differenziale nel 2017 era ancora pari a -3,4 punti.

Ma perché si abbandona la scuola? Da una recente indagine dell’Istat emerge che le principali ragioni per cui si abbandonano gli studi dopo la licenza media non riguardano solo la volontà di lavorare, ma anche la mancanza di interesse per gli studi stessi. Per i giovani stranieri incidono anche le ragioni familiari, intese sia come un carico eccessivo di impegni-responsabilità o un mancato sostegno o incoraggiamento familiare.

L’abbandono scolastico è un ostacolo all’occupazione

Se nel Centro-Nord il mancato proseguimento degli studi si accompagna a un numero più consistente di giovani occupati, pur con basso livello di istruzione, nelle regioni meridionali gli occupati usciti precocemente dagli studi sono una minoranza.

Ciononostante, i vantaggi in termini occupazionali nel conseguire almeno un diploma di scuola superiore sono forti. L’abbandono scolastico si dimostra dunque un ostacolo seriamente penalizzante.

Il divario con l’Europa per numero di laureati

Il Report Istat sui livelli di istruzione certifica inoltre che, nonostante un aumento dal 2008 al 2017 di 7,7 punti, l’Italia resta penultima tra i paesi dell’Unione per quota di laureati (nel 2017 26,9% vs 39,9% media Ue).

Rispetto alla media europea la crescita della quota di popolazione con un titolo terziario quindi è più contenuta. In ogni caso, il livello di istruzione delle donne risulta più elevato di quello maschile (63% vs 58,8%) e il 21,5% ha conseguito un titolo di studio terziario (contro 15,8% degli uomini). Inoltre, i livelli di istruzione femminili stanno aumentando più velocemente di quelli maschili.

A livello territoriale poi la quota di 30-34enni laureati, già bassa nel Nord e nel Centro (30% e 29,9%), nel Mezzogiorno si riduce al 21,6%.

Banda larga: Agcom ha fissato prezzi troppo alti

I prezzi wholesale della banda larga pubblicati il 23 giugno da Agcom sono troppo alti. In particolare i prezzi all’ingrosso approvati per la banda ethernet, eccessivamente elevati e non orientati ai costi sottesi. Un danno alla competitività del mercato e a famiglie e aziende italiane.

A dare l’allarme è l’Associazione Italia Internet Provider, Aiip. Che si riserva di salvaguardare nelle opportune sedi gli interessi dei propri associati, dei cittadini e delle aziende italiane che acquistano servizi a larga banda.

Il ruolo di Tim al tavolo tecnico indetto da Agcom

“Poiché il costo unitario della banda ethernet dipende dai volumi di traffico internet, Agcom aveva indetto un tavolo tecnico tra i vari operatori per calcolare con neutralità, attendibilità ed esattezza il consumo medio di banda degli accessi internet italiani –  spiega Aiip in una nota -. Nel tavolo tecnico Tim ha fornito misure nettamente inferiori a quelle degli altri operatori: i clienti Adsl Tim utilizzerebbero ad esempio il 40% di banda in meno rispetto a quelli di uno dei maggiori concorrenti, e comunque molto meno di quelli degli altri operatori. Inoltre, a differenza di altri operatori, Tim ha condotto una sola, e non due, campagne di misura per i servizi in fibra (FTTC e FTTH)”.

Volumi calcolati sulla base della Banda Misurata e non sulla maggiore Banda Allocata

Eppure, Agcom ha sorprendentemente deciso di tener conto quasi esclusivamente del dato Tim, riferisce Askanews, escludendo dai risultati le misure di altri operatori. Questo nonostante Tim, a differenza di altri, non si è dichiarata disponibile a una rilevazione congiunta dei dati. Agcom, secondo Aiip, ha poi calcolato i volumi sulla base della Banda Misurata, anziché sulla maggiore Banda Allocata come aveva dichiarato nei provvedimenti precedenti, senza così tenere in debita considerazione il fattore di overhead nel dimensionamento della rete di un operatore efficiente, che vale circa il 25%.

Valutazioni inesatte nella determinazione di prezzi all’ingrosso

Agcom ha così approvato prezzi che ad avviso di Aiip sono largamente superiori ai costi sottesi. “Tale circostanza – si legge nella nota- è confermata dal confronto con i prezzi wholesale praticati per il medesimo servizio da un altro operatore nazionale, che sono fra la metà e un terzo di quelli approvati da Agcom per Tim”. In questo modo Tim, la cui offerta rimane indispensabile ai concorrenti, è apparsa così inefficiente da avere costi fino a due/tre volte maggiori della concorrenza.

“Ove questa inefficienza non fosse reale – ritiene Aiip – ma dovuta a valutazioni inesatte nella determinazione di prezzi all’ingrosso orientati ai costi sostenuti, gli operatori concorrenti sarebbero costretti a pagare un sovraprezzo a Tim per i servizi all’ingrosso, con il risultato di applicare prezzi più alti per le famiglie e le aziende italiane”.

Ospitalità: le soft skills che aumentano le competenze. E salvano i posti di lavoro

Con un tasso di crescita annua di quasi il 4%, il settore dell’ospitalità garantisce un posto di lavoro su 10 a livello globale. Ma secondo il World Travel Tourism Council, oggi il comparto deve affrontare una carenza di competenze che, oltre a rappresentare un ostacolo per le imprese, minaccia 14 milioni di posti di lavoro entro il 2025.

Non stupisce, quindi, che il 90% dei laureati in Hospitality Management dell’istituto di formazione Les Roches Global Hospitality Education, riceva una o più offerte di lavoro entro il giorno della laurea. E Stuart Jauncey, Managing Director dell’Istituto, ha individuato le soft skills (esperienza operativa, intelligenza emotiva, processo decisionale data-driven) che i futuri leader del settore dovrebbero coltivare per incontrare le esigenze del settore.

L’esperienza operativa sul campo: reception, assegnazione delle camere, e food&beverage

Il know-how operativo è una delle capacità fondamentali per i futuri manager dell’ospitalità. Reception, assegnazione delle camere e food&beverage costituiscono la spina dorsale su cui si fonda l’esperienza ospite. A Les Roches, ad esempio, gli studenti assumono ruoli diversi, dal front office alla cucina fino al servizio, per acquisire esperienza in situazioni che simulano la realtà e le tendenze emergenti. Come ad esempio la ristorazione sostenibile farm-to-table.

In questo modo gli studenti sviluppano anche altre competenze trasversali, come la comunicazione interculturale, l’attenzione ai dettagli e la flessibilità, riferisce Adnkronos.

L’intelligenza emotiva e la relazione con l’ospite

L’intelligenza emotiva è un fattore fondamentale nell’ospitalità, un settore fondato proprio sulla relazione con l’ospite. I manager e lo staff devono quindi essere in grado di affidarsi alle proprie competenze emotive, la sensibilità, la flessibilità e le capacità comunicative. Inoltre, con oltre un miliardo di viaggiatori internazionali ogni anno, la consapevolezza delle differenze culturali, la conoscenza delle lingue straniere, la gestione multiculturale del team e l’adattabilità, sono indispensabili per fornire un livello personalizzato di servizio.

Il processo decisionale data-driven e le soluzioni fuori dagli schemi

Interpretare i dati e adattare le strategie di business è uno dei compiti dei manager. Strumenti come Tableau hanno trasformato il modo in cui visualizzare i dati, ma i manager devono sapere come trasformarli in decisioni aziendali intelligenti, adottando soluzioni fuori dagli schemi per rimanere competitivi. Una capacità chiave per offrire esperienze eccellenti agli ospiti.

Sviluppando queste competenze, i leader dell’ospitalità saranno meglio equipaggiati per gestire team diversi, adattarsi alle tendenze emergenti e cogliere nuove opportunità.