Quali sono le 10 città italiane dove ci si sposa di più nel 2023?

Il 2023 sarà un anno molto positivo per i matrimoni, in cui è previsto un aumento del 5% rispetto al 2019, l’ultimo anno di ‘normale attività’ del settore prima della pandemia. Ogni città italiana, quindi, si sta preparando a ospitare un elevato numero di celebrazioni. La stagione nuziale è infatti alle porte, e le coppie italiane sono alle prese con l’organizzazione e la definizione degli ultimi dettagli per rendere indimenticabile il loro grande Sì. Per questa occasione, Matrimonio.com, portale del settore nuziale in Italia e parte del gruppo The Knot Worldwide, ha stilato la classifica delle città italiane che si preparano a celebrare più nozze nel 2023. Quali sono dunque le città italiane in cui si respirerà più aria di fiori d’arancio? 

Sul podio Napoli, Roma e Milano

Secondo la Top 10 basata sulle coppie iscritte a Matrimonio.com la vetta spetta a Napoli, con il 7,9% di matrimoni previsti nel 2023, seguita sul podio da Roma (7,3%) e Milano (4,4%).
Al 4° posto si posiziona Palermo (3,4%), a cui seguono Bari (3,3%), Torino (3,1%) e Catania (2,6%). All’8° un’altra città del Sud, questa volta campana, Salerno (2,3%), così come la città al 9° posto, Caserta (1,9%). Chiude la classifica la lombarda Brescia (1,8%). Seguono altre importanti città come Bergamo (1,7%), Lecce (1,6%), Firenze (1,5%) e Verona (1,4%).

I mesi e i giorni più gettonati per dire sì

L’estate rimane, senza dubbio, la stagione preferita dalle coppie italiane per sposarsi. Ecco che infatti nella Top 5 dei mesi preferiti per le nozze di quest’anno le coppie eleggono giugno (24,8%), poi settembre (24,5%), luglio (14,9%), maggio (13,4%) e agosto (7,7%). Quanto ai giorni più gettonati dagli sposi di Matrimonio.com, sono in particolare il 9 settembre (3,7%), il 24 giugno (3,7%), il 2 settembre (3.5%) il 10 giugno (3,4%) e il 3 giugno (3,2%). Tutte date che cadono il sabato.

Un riferimento del settore nuziale

Matrimonio.com è un portale parte del gruppo di riferimento del settore nuziale, The Knot Worldwide, pensato per aiutare gli sposi a organizzare il giorno più felice della loro vita. Grazie alla sua presenza internazionale ha creato la community nuziale e il mercato virtuale di nozze su Internet più grandi a livello mondiale. Dispone di un database con oltre 700.000 professionisti del settore nuziale, e offre alle coppie strumenti per preparare la lista di invitati, gestire il budget, trovare fornitori, e tanto altro ancora.

Estate 2023: gli italiani scelgono la destinazione in base al prezzo

Come altri settori anche quello dei viaggi in questo periodo sta subendo rincari significativi. Ed è proprio questo che guida le scelte relative alle prossime vacanze degli italiani, che per quanto riguarda la destinazione prendono in considerazione soprattutto i costi. Lo rivela Revolut, l’app finanziaria globale, tramite i risultati della ricerca condotta con Dynata sulle tendenze di viaggio per l’estate 2023. Di fatto, i costi sono i driver di scelta per il 76% degli intervistati, seguiti da salute/sicurezza e distanza della destinazione (43%), e ritenuti più importanti dalle donne (46%) rispetto agli uomini (40%). Cibo e tradizioni, invece, vengono tenuti in considerazione dal 41% del campione, mentre il tipo di sistemazione è determinante solo per il 38% degli intervistati.

Le donne spenderanno meno degli uomini

In media, per gli italiani, il budget per un viaggio di una settimana sarà meno di 250 euro per il 7%, tra 250 e 500 per il 24%, tra 500 e 1.000 per il 36% e tra 1.000 e 2.000 per il 17%. Solo il 5% pensa di spendere oltre i 2.000 euro per sette giorni di vacanza. Per i rincari delle vacanze però sono più preoccupate le donne (76%) rispetto agli uomini (72%), e il 24% del campione femminile afferma di vedere il proprio budget per le ferie seriamente a rischio. Le donne, infatti, spenderanno meno: per una settimana di viaggio il 61% stima una spesa tra 250 e 1.000 euro, mentre il 59% degli uomini spenderà tra 500 e 2.000 euro.

La Spagna è la destinazione estera migliore per rapporto qualità-prezzo

Ma come risparmiare per poter andare in vacanza? Il 15% del campione utilizza un salvadanaio digitale, o altri strumenti digitali, per accantonare più facilmente il denaro per i viaggi, mentre un altro 15% usa una combinazione di strumenti tradizionali e digitali. Il vecchio porcellino in ceramica viene ormai utilizzato solo dal 17% degli italiani. Il sondaggio di Revolut ha poi rivelato che secondo i vacanzieri italiani è la Spagna la migliore destinazione estera per rapporto qualità-prezzo (8%), seguita da Grecia (7%) e Croazia (5%).

Workation: si lavora anche in vacanza

Se le ferie sono fatte per rilassarsi e rigenerarsi, il 28% lavorerà durante la vacanza, o potrebbe doverlo fare. Il 61%, invece, è categorico e afferma che non lavorerà né si dovrebbe farlo. C’è poi un 2% che evidenzia una tendenza, quella della workation, il mix di lavoro e tempo libero da attuare in vacanza. Quanto alle attività favorite, le esperienze gastronomiche riscuotono il 68% delle preferenze, seguite dalla visita dei luoghi tipici di una destinazione (57%), natura e animali (49%), arte e musei (48%), e shopping (36%). Gli aspetti che invece stressano di più i vacanzieri sono la folla (56%), le truffe (37%) e gli scioperi, aeroportuali e dei trasporti (29%).

Pasqua 2023: oltre 1,5 milioni a tavola negli agriturismi

La Pasqua in agriturismo ‘a tavola’ si conferma il binomio perfetto. Tra il pranzo di Pasqua e Pasquetta nel 2023 oltre 1,5 milioni di persone hanno scelto un agriturismo, spendendo mediamente 40-50 euro per un menu à la carte o fisso. Si è trattato, per lo più, di famiglie con bambini e comitive, buona parte di quei 12 milioni di italiani in viaggio per il week-end pasquale. Insomma, per le festività si stima un vero e proprio pienone, e un’autentica boccata d’ossigeno rispetto all’impennata dei costi di produzione e all’effetto del cambiamento climatico sui campi. A confermarlo sono la Cia, agricoltori italiani e Turismo Verde, l’associazione di Cia per la promozione agrituristica.

Tutto esaurito nelle 25.400 strutture agrituristiche italiane

Si registra quindi il tutto esaurito nelle 25.400 strutture agrituristiche diffuse in tutta Italia, che hanno beneficiato dell’arrivo di tanti connazionali. Soprattutto di quelli che hanno scelto di passare il week-end di Pasqua in montagna (17,6%), ma anche nel segno del relax (64,8%) o facendo trekking e gite (51,4%), senza però rinunciare a momenti gastronomici (10,6%). Cia e la sua associazione per la promozione agrituristica registrano inoltre il tutto esaurito anche nelle strutture con camere per soggiorni di almeno due giorni, soprattutto da parte di turisti stranieri. Con Pasqua e Lunedì dell’Angelo, nelle aziende agricole con cucina e possibilità di soggiorno il turismo è quindi pronto a segnare un +20%.

Stare all’aria aperta alla ricerca del buon cibo

Secondo l’analisi effettuata da Coldiretti/Ixèono sono oltre mezzo milione le persone che hanno scelto di alloggiare negli agriturismi nel weekend di Pasqua.  A spingere gli italiani a scegliere queste strutture è la voglia di stare all’aria aperta alla ricerca del buon cibo, con la possibilità di protezione in caso di maltempo. Delle prenotazioni in agriturismo, specie al nord Italia, almeno il 10% è da parte degli stranieri, in particolare americani, tedeschi e svizzeri, ma tornano negli agriturismi italiani anche da Belgio, Germania, Norvegia e Svezia. Si percepisce, riporta Adnkronos, il ritmo delle festività pre-Covid, ma con meno confusione e sprechi.

Affrontare la crisi economica senza intaccare l’identità delle aziende agricole

“Un tripudio di cultura enogastronomica italiana come solo le piccole comunità, in montagna e in collina, dove tra l’altro si trovano l’84% degli agriturismi italiani, sanno raccontare e portare a tavola – commenta il presidente nazionale di Turismo Verde Cia, Mario Grillo -. Insieme alla promozione autentica di una ruralità lenta e sostenibile questo è il valore che dobbiamo difendere con determinazione, affrontando la crisi economica senza intaccare l’identità delle aziende agricole multifunzionali. Abbiamo dimezzato i coperti pur di non far pagare ai nostri ospiti il peso del caro-bollette. Siamo ottimisti, da nord a sud le nostre strutture stanno andando verso il tutto esaurito anche per il ponte del 25 Aprile e 1° Maggio”.

Inquinamento: entro metà secolo il 50% della popolazione sarà allergica

“Attualmente, secondo l’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica (EAACI), sono 100 milioni i cittadini europei che soffrono di rinite allergica e 70 milioni di asma – spiega Lorenzo Cecchi, Presidente AAIITO, Associazione Allergologi e Immunologi Territoriali e Ospedalieri – due malattie spesso associate, tanto che possiamo affermare che oltre il 90% degli asmatici ha anche la rinite e metà delle persone che hanno la rinite ha l’asma”.
Di fatto, entro la metà del secolo oltre il 50% della popolazione sarà allergica, e nello scenario futuro non si profilano miglioramenti. Poiché le allergie respiratorie sono provocate da allergeni che entrano in contatto con l’organismo attraverso l’aria respirata, la correlazione tra inquinamento atmosferico/smog e aumento delle patologie allergiche è immediata.

La sinergia dannosa tra inquinanti, pollini e allergeni

“Ciò è dovuto alla sinergia dannosa tra inquinanti, pollini e allergeni – continua Cecchi -. Gli inquinanti, da un lato, danneggiano la mucosa e facilitano la maggiore penetrazione dei pollini, e dall’altro, aumentano l’allergenicità degli stessi”.
A questo si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare l’aumento della temperatura, che anticipa le stagioni di fioritura delle piante e prolunga quella delle graminacee e della parietaria. L’inquinamento, inoltre, contribuisce al danneggiamento della cosiddetta ‘barriera epiteliale’. “Un muro – aggiunge Cecchi – dove al di sotto si trova il sistema immunitario, come se fosse uno scudo che filtra ciò che arriva dall’esterno, limitando il numero di sostanze che entrano in contatto col sistema immunitario”.

Il danneggiamento della barriera epiteliale

Le circa 350.000 sostanze che l’uomo ha introdotto nell’ambiente negli ultimi 60-70 anni provocano la sconnessione della barriera epiteliale e la conseguente penetrazione di allergeni, sostanze inquinanti, irritanti e microorganismi. Il danneggiamento della barriera epiteliale provoca e alimenta l’infiammazione, fonte di malattie allergiche e altre malattie croniche.
“Nonostante sia indiscutibile la predisposizione genetica alle allergie respiratorie è possibile anche affermare – sottolinea Cecchi – che si può diventare allergici. È la cosiddetta ipotesi igienica, secondo cui le persone in contatto con gli agenti patogeni hanno meno probabilità di essere allergiche, come ampiamente studiato nei bambini che nascono in contesti rurali rispetto ai loro coetanei che vivono in città”.

Batteri e sistema immunitario: un equilibrio realizzato in milioni di anni

“In pratica nell’ambiente rurale si mantiene maggiormente l’equilibrio tra i batteri dell’ambiente e il nostro sistema immunitario, equilibrio che si è realizzato in milioni di anni di convivenza. Questo spiega perché nel mondo occidentale ci sono più malattie allergiche rispetto ad altri Paesi meno sviluppati”, spiega il medico.
Attenzione, riporta Askanews, anche agli allergeni indoor, come acari della polvere e forfora degli animali da compagnia. In questo caso, chi è allergico dovrebbe utilizzare fodere anti-acari per materassi e cuscini, lavare gli animali una volta alla settimana e tenerli lontano da divani, mobili imbottiti, e camere da letto.

Investire negli immobili: quali sono le città italiane a maggior rendimento?

Quali sono le città italiane dove gli immobili ‘rendono d più’? Secondo i dati relativi alle quotazioni immobiliari di Wikicasa, Messina (10,62%), Catania (8,64%) e Palermo (7,02%). Sono queste le città in cui gli immobili presentano il rendimento più elevato, mentre per quanto riguarda i grandi centri urbani Roma registra il dato più basso (5,28%), inferiore di Milano (5,52%) e Bologna (6,14%), e chiudono la classifica Firenze (4,80%), Venezia (4,71%) e Salerno (3,98%). Uno dei fenomeni più in voga nel settore degli investimenti immobiliari è infatti quello di comprare un immobile per ottenere un guadagno rimettendolo sul mercato in affitto, il cosiddetto buy-to-rent.

L’inflazione e il buy-to-rent

Per investire con efficacia nell’acquisto di un immobile da affittare è fondamentale valutarne il rendimento, ovvero, la relazione tra il prezzo medio di un anno di affitto e il prezzo medio di vendita. Più il rendimento è alto, minore è il tempo con cui l’investitore recupererà l’investimento iniziale.
Il buy-to-rent è un investimento che non viene influenzato dall’aumento dell’inflazione. La maggioranza dei canoni di locazione, infatti, può variare in base all’aumento del costo della vita per indicizzazione contrattuale. Il prezzo medio di un immobile in affitto, di conseguenza, è molto più sensibile all’inflazione, al contrario del prezzo medio di vendita, meno dinamico di fronte a questo fenomeno.

Studenti e giovani lavoratori scelgono Milano e Bologna

L’unico modo in cui l’inflazione può influenzare nel breve termine il prezzo medio di vendita di un immobile è legato all’effetto di questa sui costi di costruzione, quindi è riconducibile solo a immobili nuovi, che costituiscono solo una parte marginale dello stock immobiliare residenziale.
Al momento, le città italiane con il mercato degli affitti più florido, dovuto a una maggiore presenza di studenti e giovani lavoratori rispetto alle altre grandi città sono Milano e Bologna. Gli elevati volumi del mercato della domanda per soluzioni abitative in affitto a lungo termine ha influenzato il mercato dell’offerta, portando il prezzo medio di affitto a crescere in modo più che proporzionale rispetto al prezzo medio di vendita. Questa dinamica ha permesso quindi al rendimento di crescere di più del 10% in entrambe le città rispetto all’anno precedente, il miglior risultato tra i centri presi in esame.

Il turismo influenza gli affitti a Firenze e Venezia

A Firenze e Venezia il mercato presenta una forte disparità tra centro e periferia, dovuta all’influenza della componente turistica sulla domanda di mercato. Nel centro di queste città lo stock immobiliare residenziale, generalmente composto da immobili storici, presenta una carenza di soluzioni in locazione a lungo termine. Per questo, la maggioranza della domanda e dell’offerta di annunci in affitto con finalità abitativa si concentra in periferia, con canoni mensili medi più bassi, causando una contrazione della redditività media complessiva. L’indice di rendimento risulta essere perciò solo parzialmente in grado di definire la natura del mercato immobiliare di una singola città, poiché spesso viene influenzato da fattori legati ad alcune caratteristiche di domanda e offerta della singola zona.

Lavoro: per più di un giovane su due è fonte di stress e ansia 

Circa sei under 35 italiani su dieci lamentano stress, burn out, e ripercussioni fisiche come effetti del lavoro. Inoltre, a causa del proprio impiego, più di uno su due ha sofferto di problemi emotivi, e il 13%i, fisici. Sono alcune evidenze tratte dall’Osservatorio WellFare, promosso dal Consiglio Nazionale dei Giovani (Cng), e svolto su un campione di circa 300 lavoratori dai 15 ai 35 anni con diversi livelli di scolarizzazione e diverse professionalità. L’Osservatorio è stato discusso all’interno del primo incontro dal titolo I Giorni del Benessere, un progetto del Cng volto a favorire percorsi di prevenzione, informazione e sensibilizzazione per il benessere delle giovani generazioni. Si tratta di una piattaforma di ascolto diretto creata dal Cng per offrire alle istituzioni una riflessione sulle criticità legate alla salute mentale, relazionale, sociale, fisica e creativa degli under 35 italiani.

Una pressione sociale dovuta alle aspettative degli altri

I giovani occupati lamentano quindi esaurimento emotivo, ansia e molta pressione per il carico di richieste di lavoro che arriva sui dispositivi mobili personali, evidenziando quindi anche problematiche legate al diritto alla disconnessione.
Sono varie le motivazioni dietro questo forte disagio. Sostanzialmente riconducibili, spiega Maria Cristina Pisani, presidente Cng, alla “pressione sociale dovuta alle aspettative degli altri”, ambito su cui i social media hanno avuto un “impatto estremo e una grande responsabilità”, e alle caratteristiche della “società dei record straordinari, raccontati come ordinari, che crea una pericolosa distopia tra il reale e il percepito, che può portare a una serie di problematicità di salute mentale”.

Paura del giudizio e senso di inadeguatezza 

Infatti, “la paura del giudizio, le aspettative e il senso di inadeguatezza sono tra i principali motivi riportati come cause legate al senso di ansia, così come le incertezze per il proprio futuro e le scadenze impellenti nello studio e nel lavoro”, specifica la presidente Cng.
“Purtroppo – sottolinea Pisani – i recenti casi di cronaca ne sono una drammatica testimonianza. Dalla nostra indagine risulta che negli ultimi anni ben quattro giovani su dieci si sono rivolti a uno psicologo e altri due stanno pensando di contattarlo. Un segnale positivo che ci spinge ancora di più a non lasciare sole le nuove generazioni e costruire insieme a loro delle strategie di supporto integrato”.

Cosa chiedono i giovani al lavoro?

Dall’Osservatorio emergono quindi anche alcune indicazioni che potranno essere tradotte in proposte. Il 20% degli intervistati, riporta Adnkronos, chiede infatti una maggiore flessibilità sugli orari lavorativi e una gestione del lavoro orientata agli obiettivi piuttosto che al numero di ore. Inoltre, il 19% vorrebbe attività di supporto alla gestione delle pressioni quotidiane, il 14,1% misure di prevenzione per il benessere psicofisico e il 13,9% suggerisce il supporto alla maternità.

Pil e inflazione: i dati Confcommercio a febbraio 2023

Il processo di rientro dell’inflazione, che a febbraio 2023 è al 9,4% su base annua, seppure appare avviato (gennaio 10,1% vs 11,6% dicembre) è ancora caratterizzato da molti elementi di incertezza. Le tensioni ancora presenti nel sistema, sottolineate da un’inflazione di fondo in crescita anche a gennaio, rendono difficile immaginare il ritorno verso dinamiche più in linea con gli obiettivi della politica monetaria prima dell’ultimo trimestre dell’anno. Secondo le stime di Confcommercio a febbraio 2023 il Pil dovrebbe registrare una riduzione dello 0,4% congiunturale e una crescita dello 0,6% tendenziale. Pur in presenza di un rimbalzo nel mese di marzo, il primo trimestre si chiuderebbe con una moderata riduzione, confermando l’ipotesi di una contenuta recessione a cavallo del 2022-2023.

Permane l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie

Agli sporadici segnali positivi sul versante della produzione si contrappongo le difficoltà delle famiglie a proseguire nel percorso di recupero dei consumi. A soffrire è soprattutto la domanda di beni. Inoltre, il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche appare ancora limitato e non contiene l’erosione del potere d’acquisto di redditi correnti e ricchezza liquida, solo in parte compensata dall’intervento pubblico. A dicembre, dopo un trimestre negativo, la produzione industriale ha mostrato un incremento dell’1,6% su novembre, ma le prospettive a breve rimangono incerte, seppure connotate da elementi meno sfavorevoli rispetto ai mesi autunnali. Il mercato del lavoro ha mostrato, a dicembre, un modesto miglioramento, con una lieve crescita degli occupati: +0,2%, pari a 37mila unità.

Consumi: difficoltà per alimentazione, mobili ed elettrodomestici

A gennaio i consumi, espressi nella metrica dell’ICC, hanno registrato un moderato miglioramento nel confronto annuo con il ritorno a valori positivi (+1,0%). Una stima che però va letta con cautela, perché a gennaio 2022 si registrò la peggiore ondata di Covid-19, con la conseguente limitazione di molte attività commerciali e della mobilità.
Al miglioramento tendenziale ha contribuito esclusivamente la domanda relativa ai servizi (+9,0%), mente per i beni si conferma la tendenza alla riduzione dei volumi acquistati (-1,3%).
All’interno di questo aggregato, piccoli segnali di recupero si rilevano per abbigliamento e automotive. Permangono le difficoltà per alimentazione domestica, settore dei mobili ed elettrodomestici.

Inflazione di fondo: una progressiva tendenza all’aumento

Sulla base delle dinamiche registrate dalle diverse variabili che concorrono alla formazione dei prezzi al consumo si stima per il mese di febbraio 2023 una variazione dello 0,3% in termini congiunturali e del 9,4% su base annua. Pur avviato, il processo di rientro dell’inflazione non appare privo di incognite. L’inflazione di fondo continua, infatti, a mostrare una progressiva tendenza all’aumento, evidenziando come all’interno del sistema importazione-produzione-distribuzione le tensioni non si siano ancora esaurite. Solo in autunno l’inflazione dovrebbe tornare su valori prossimi a quelli indicati come obiettivo dalla politica monetaria. La persistenza dell’inflazione su valori storicamente elevati consolida le attese di una prima parte dell’anno molto debole sul versante dei consumi.

In Italia il mercato della Smart Home vale 770 milioni di euro

Gli italiani sono fan della Smart Home, tanto che oggi il tasso di crescita di questo settore posiziona il Belpaese al primo posto fra gli stati europei. E’ uno dei dati contenuti nella ricerca sulla Smart Home dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano.

I numeri Smart in Italia

Nel 2022 questo comparto, nel nostro paese, segna una crescita del +18% rispetto al 2021, raggiungendo quota 770 milioni di euro. Un tasso di crescita più alto di quella degli altri Paesi europei, superiore a quello registrato in Spagna (+10%, 530 milioni di euro), Regno Unito (4 miliardi di euro, +4,1%) e Francia (1,3 miliardi, +2%), mentre è in calo la Germania (-5%, 3,7 miliardi). Se la crescita percentuale pone l’Italia in cima alla classifica dei Paesi europei, lo stesso non si può dire guardando alla spesa pro capite, pari a “soli” 13 €/abitante. L’Italia rimane ben distante da USA (59,6 €/abitante), Regno Unito (61,6 €/abitante) e Germania (44,5 €/abitante), mentre si avvicina alla Francia (19,5€/abitante).

Il “peso” della mancanza di materie prime  

L’espansione del mercato avrebbe potuto essere ancora più elevata (+33%) senza la carenza di semiconduttori e di materie prime dovuta all’instabilità economica e politica internazionale. Il mercato italiano è guidato da caldaie, termostati e condizionatori connessi per riscaldamento e climatizzazione (155 milioni di euro), seguito da soluzioni per la sicurezza (150 milioni di euro), elettrodomestici connessi (140 milioni) e da smart speaker (137 milioni), oltre a lampadine, casse audio, smart plug, serie civili e dispositivi per gestire tende e tapparelle da remoto.

L’attenzione al risparmio energetico

Il rincaro del costo dell’energia ha spinto gli italiani a porre maggiore attenzione al risparmio energetico: il 91% è attento a risparmiare all’interno della propria abitazione. E l’utilizzo dei dispositivi di Smart Home potrebbe contribuire a ridurre i consumi energetici annuali di ben il 23% per il riscaldamento, del 20% per la componente elettrica. Un risparmio che vale circa 330 euro l’anno per un bilocale di 70 mq, fino a 460 euro per un trilocale di 110 mq. Tuttavia, tra i consumatori, il nesso tra “risparmio energetico” e “tecnologia smart” non è ancora ampiamente noto: gran parte degli italiani, per risparmiare energia, adotta comportamenti virtuosi (81%) o acquista dispositivi ed elettrodomestici che consumano meno (42%), mentre sono ancora pochi quelli che sfruttano gli oggetti smart per il monitoraggio dei consumi in tempo reale (17%), che gestiscono tramite scenari riscaldamento e raffrescamento (11%), ancora meno quelli che gestiscono sistemi di accumulo e autoproduzione da fonti rinnovabili (4%) o attivano servizi per ottimizzare i consumi (2%).

Buy Now Pay Later, cosa ne pensano gli italiani?

Le vendite on line continuano a crescere e a entrare sempre di più nelle abitudini degli italiani. E’ naturale che di pari passo si sviluppino soluzioni di credito al consumo, come i pagamenti a rate (con o senza interessi) o la formula Buy Now Pay Later (BNPL). Si tratta della possibilità di acquistare un prodotto o un servizio subito e di pagarlo successivamente, a distanza di tempo, solitamente senza interessi. 

Uno strumento utile

In base a un recente sondaggio condotto da SWG, si scopre che il credito al consumo è uno strumento giudicato utile dalla gran parte dei cittadini. I numeri lo confermano: già nel 2021, in Europa, l’8% delle vendite online è avvenuto con questa modalità. Il credito al consumo incontra però ancora qualche resistenza. Una piccola percentuale di popolazione lo ritiene dannoso: a dare questo giudizio sono soprattutto le persone con elevati livelli di istruzione. 

Il 10% ha usato il BNPL nell’ultimo anno

Parlando del Buy Now Pay Later, è ben il 10% dei consumatori italiani ad averlo usato nell’ultimo anno, soprattutto giovani under-35 e lavoratori autonomi, seppure non in modo regolare. È infatti il 40% degli italiani a giudicare rischiosa questa soluzione (si teme di perdere il controllo sulle proprie uscite) contro un 28% che si dichiara propenso a servirsene, affascinato dall’idea di rimandare il pagamento senza interessi. A differenza delle altre forme di credito, il sistema Buy Now Pay Later non richiede al consumatore un’attestazione della propria solvibilità e/o capacità di pagare. Questo è considerato scorretto dalla maggioranza che ritiene che questa forma di indebitamento possa non essere percepita come tale e spingere a spese superflue anche chi non può permettersele.

Come è valutato il credito al consumo

Il credito al consumo, seppur apprezzato dalla maggioranza degli intervistati, ha anche dei detrattori. In generale, i cittadini ritengono che per il consumatore queste soluzioni alternative di pagamento siano utili per il 56% dei rispondenti, indifferenti per il 20% dannose per il 17% e fondamentali per il 7%.

I dati del 2022 

Nel 2022 quasi un quarto ha acquistato a rate, uno su dieci ha sperimentato soluzioni Buy Now Pay Later, soprattutto giovani e lavoratori autonomi. Il 28% propenso a utilizzare la soluzione BNPL in futuro, il 40% è restio per paura di perdere il controllo sulle proprie uscite.

I cinque Life trend del 2023? Dalla permacrisis all’intelligenza artificiale

Lo ha rivelato Accenture nel suo rapporto “Life Trends 2023”: la tecnologia, sempre più accessibile, entrerà a pieno titolo nelle nostre vite. E per le aziende e la loro leadership è necessario prepararsi a modificare i modelli di business, per mantenere il passo con il cambiamento dei comportamenti dei clienti, che trovano sempre più valore nelle nuove tecnologie emergenti. Costruito sull’eredità di 15 anni di Fjord Trend, questo rapporto – ora intitolato Accenture Life Trends 2023 – identifica cinque macro-movimenti globali del comportamento umano che plasmeranno il business, la cultura e la società nel prossimo anno.

Dalla crisi permanente alla necessità di appartenere a un gruppo 

Le tecnologie emergenti – tra cui l’intelligenza artificiale, il web3 e la tokenizzazione – stanno dando il via ad una nuova era per la creatività, la società e la privacy. E in questa direzione si inseriscono i trend identificati da Accenture per il 2023. La prima tendenza è la crisi permanente. Ci stiamo cioè abituando a vivere in una permacrisis, con il mondo che va da una catastrofe all’altra. Però, come l’umanità fa da millenni, le persone si adattano all’instabilità, oscillando tra quattro possibili risposte: lotta, fuga, concentrazione e immobilità, scelte che influenzeranno gli acquisti e il modo in cui considerano i brand e i loro dipendenti – e le aziende devono essere pronte. Il secondo trend è legato a doppio filo al primo. In un mondo instabile, le persone cercano infatti luoghi/gruppi, a cui sentono di appartenere. Di conseguenza, i brand moderni saranno costruiti prima di tutto come comunità, ridisegnando la fedeltà e il coinvolgimento con il marchio, sfruttando proprio le nuove tecnologie.

I benefici intangibili del lavoro e la creatività dell’intelligenza artificiale

Mentre continua il dibattito sul ritorno in ufficio, tutti hanno sentito la perdita dei benefici intangibili dell’ufficio, come gli incontri casuali con i colleghi e il rapporto con i giovani talenti. Ora le conseguenze di questa perdita diventano chiare. Senza il coinvolgimento personale, le aziende rischiano di perdere mentorship, innovazione, cultura e capacità di inclusione. È ora che i leader ricomincino a pensare a un piano che offra benefici a dipendenti e aziende. Quarto trend, l’intelligenza artificiale: ormai le reti neurali sono disponibili per creare linguaggi, immagini e musica con pochissimo sforzo e senza il bisogno di competenze tecniche. Anche gli sviluppi nell’ambito dell’IA stanno arrivando sul mercato a una velocità sorprendente. In scala, si tratta di una svolta incredibile per la creatività. Le aziende devono considerare come distinguersi nel marasma di contenuti generati dall’IA e come utilizzare l’IA per migliorare la velocità e l’originalità dell’innovazione.

Dati personali protetti con i portafogli digitali 

La tecnologia aiuterà anche a risolvere a delicata questione dei dati personali. La trasparenza e la fiducia nelle esperienze dei brand online stanno di pari passo rapidamente diminuendo. Ma il controllo dei propri dati potrebbe presto tornare agli utenti. I portafogli digitali contenenti token (che rappresentano metodi di pagamento, documenti d’identità, carte fedeltà e altro ancora) consentiranno alle persone di decidere quanti dati condividere con aziende e perfino di venderli a queste ultime. Questa è un’ottima notizia per i brand: i dati che le persone forniranno direttamente saranno ancora più preziosi delle informazioni di terze parti, che non saranno più raccolte in un mondo senza cookie.