Employer branding: solo un’azienda su tre oggi propone lo smartworking

Oggi lo smartworking viene proposto ‘solo’ da un’azienda su tre. Per le aziende l’organizzazione aziendale è una priorità, ma se il lavoratore è interessato a forme di lavoro agile tra le offerte dei manager ai nuovi lavoratori, la garanzia del posto fisso e la reputazione superano smartworking e inclusività. Gli hr manager sottolineano poi di offrire sicurezza dei luoghi di lavoro (78%), oltra alla cultura e al modello organizzativo adottato (65%). Quanto a vantaggi contrattuali e incentivi economici, per le aziende prevalgono tre aspetti chiave: stabilità del rapporto (100%), solidità economica e finanziaria dell’impresa (97%), e basso turn over (82%). Sono i risultati della ricerca dell’ufficio studi di Fòrema, ente di Assindustria Venetocentro, sull’employer branding di 160 aziende venete, soprattutto del settore metalmeccanico.

Piacevolezza del luogo di lavoro e innovazione

Agli ultimi posti, invece, la distribuzione di utili ai collaboratori (9%), la concessione di ferie o permessi aggiuntivi rispetto al CCNL (26%) e l’utilizzo estensivo di forme di lavoro agile (33%). Sul tema degli ambienti messi a disposizione dall’azienda, il panel mette al primo posto (96%) la piacevolezza del luogo di lavoro, seguito dall’innovatività degli strumenti e delle tecnologie utilizzate (85%), dall’accessibilità della sede (74%), e dagli spazi condivisi (22%). La cultura aziendale si focalizza invece sul valore dell’esperienza offerta in termini di competenze e appetibilità (85%), sulla trasparenza della comunicazione interna (81%), e sull’accesso a percorsi formativi e meritocrazia (76%).

Rapporto con il territorio e capitale reputazionale

Al contrario, interessa relativamente poco la strutturazione di gruppi di lavoro interni (33%) e la realizzazione di piani per l’inclusione sociale (41%). Il rapporto con il territorio poi è decisivo, e il capitale reputazionale che il dipendente ottiene lavorando per una società è fondamentale. Si registra una forte polarizzazione sul capitale reputazionale dell’azienda (89%) e dei collaboratori (63%), seguite dalle azioni concrete per la tutela dell’ambiente (62%). Meno rilevanti le attività rivolte direttamente alla cittadinanza (35%) e al sociale (48%). Il 41% delle aziende intervistate afferma poi di non avvertire in misura preoccupante processi di dimissioni legati al turn over. Solo il 15% registra numeri in ascesa.

L’offboarding è “informale”

Per attirare collaboratori le aziende utilizzano un mix di leve. Sono rari i casi di azioni e benefici concreti messi in campo valutati come inutili o non percorribili. Sul tema della comunicazione del valore, i tirocini sono il canale principale per far conoscere l’azienda e incontrare potenziali collaboratori. Ma in generale le aziende comunicano il valore in maniera informale (passaparola dei dipendenti) e tradizionale (sito aziendale, spesso Linkedin) e in autonomia (fatte salve le ricerche specifiche di personale). Per quanto riguarda la fase di licenziamento (offboarding), la maggioranza delle aziende si occupa dell’uscita dei collaboratori in maniera informale.